Nel mese di aprile e di maggio 2024 si sono tenuti due importanti convegni: il primo, a Riccione dell’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) e il secondo, a Palermo, della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM). Pur essendo l’uno più quantitativo e l’altro più qualitativo, troviamo molti punti di sovrapposizione nei temi trattati, in particolare per quanto riguarda le disuguaglianze di salute.
Nell’ambito della prevenzione sono stati presentati diversi lavori relativi all’adesione agli screening oncologici. Tra questi ci pare importante citarne uno sulla partecipazione delle persone con disabilità allo screening del cancro colorettale, basato sulla revisione di 20 articoli (55% studi trasversali e 40% studi retrospettivi di coorte e uno studio misto): il tipo più diffuso di disabilità esaminato è stata la psicosociale (80% degli studi), seguita da disabilità fisica (40%), deficit visivo (30%) e deficit uditivo (25%). Le persone con disabilità hanno minore probabilità di beneficiare degli screening pertanto occorrono approfondimenti sui possibili determinanti/barriere al fine di migliorare l’inclusività di tali programmi (https://xlviii.convegnoaie.it/2024/03/27/la-partecipazione-delle-persone-con-disabilita-allo-screening-del-cancro-colorettale-revisione-sistematica-e-metanalisi).
Una ricerca su eventuali differenze tra i due sessi nel ricorso allo screening del colon retto ha mostrato come nella popolazione femminile si registri una maggior adesione, riuscendo anche ad eliminare le differenze legate a livello di istruzione e cittadinanza (verosimilmente attribuibile alla familiarità con gli screening oncologici della popolazione femminile). Per entrambi i sessi si conferma, tra i partecipanti agli screening, l’associazione con un maggior numero di corretti stili di vita, con l’innalzarsi dell’età, il vivere in coppia, un maggior titolo di studio e minori difficoltà economiche.
Un altro lavoro ha preso in considerazione le differenze nella partecipazione agli screening oncologici femminili attraverso la Sorveglianza PASSI in Regione Piemonte: si è assistito a un aumento dell’adesione allo screening organizzato e ad una diminuzione dei test spontanei. Le donne che non hanno mai effettuato un esame preventivo hanno motivato tale scelta con la percezione che l’esame non sia necessario, con la mancanza di tempo, o con la mancanza di un consiglio in merito da parte dei loro sanitari di fiducia. Sono confermati i principali fattori socio-demografici che influenzano negativamente l’adesione: giovane età, vivere da sole, cittadinanza straniera, scarsa istruzione, difficoltà economiche. (https://xlviii.convegnoaie.it/2024/03/25/differenze-nella-partecipazione-agli-screening-oncologici-femminili-interazioni-attraverso-la-sorveglianza-passi-in-regione-piemonte-2/).
Tali conclusioni sono sovrapponibili a quelle di un altro studio che ha indagato il profilo socio-economico delle donne che aderiscono allo screening mammografico in Italia, dove emerge una forte associazione con l’area di residenza, che riflette un’irregolare offerta dello screening sul territorio italiano. Inoltre, le donne straniere e le donne con un basso livello di istruzione partecipano meno allo screening (https://xlviii.convegnoaie.it/2024/03/29/profilo-socio-economico-delle-donne-che-aderiscono-allo-screening-mammografico-in-italia-cose-cambiato-dal-2016-i-dati-del-sistema-di-sorveglianza-nazionale-passi/). Sempre in campo di malattie neoplastiche, è stata effettuata una ricerca sulla correlazione tra livello di istruzione e sopravvivenza a 5 anni dei pazienti oncologici la quale conferma l’esistenza di un differenziale di sopravvivenza per titolo di studio, per tutti tumori e per singole sedi. I risultati sottolineano l’importanza di sviluppare interventi mirati per ridurre le disuguaglianze socioeconomiche nella gestione e nel trattamento del cancro, al fine di limitare le disparità nella diagnosi precoce, nell’accesso alle cure e nel supporto durante il percorso di cura (https://xlviii.convegnoaie.it/2024/03/29/livello-di-istruzione-e-sopravvivenza-a-5-anni-dei-pazienti-oncologici-uno-studio-di-popolazione-utilizzando-i-dati-del-registro-tumori-della-regione-lazio-2013-2017/).
Per quanto riguarda la salute materno infantile è stata presentata una ricerca volta all’intercettazione precoce delle donne a rischio di depressione perinatale su una coorte delle madri residenti nel territorio dell’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) della Città Metropolitana di Milano: il 6,3% di loro potrebbe esserne colpita e tra i fattori di rischio sono stati individuati eventi associati a disagio psicologico nei 12 mesi precedenti l’inizio della gravidanza, l’età compresa tra 14 e 17 anni e tra i 45 e i 54 anni, essere di origine straniera e la primiparità (https://xlviii.convegnoaie.it/2024/03/26/come-intercettare-precocemente-le-donne-a-rischio-di-depressione-perinatale-unanalisi-nella-coorte-delle-madri-residenti-nel-territorio-dellagenzia-di-tutela-della-salute-ats-della-citta/).
Nell’ambito materno infantile si registra, inoltre, che l’analisi esplorativa della coorte dei nati con anomalia congenita Emilia-Romagna negli anni 2012-2021, mette in luce come il ricorso alla diagnosi prenatale da parte delle madri immigrate sia significativamente ridotta rispetto alle madri di nazionalità italiana. (https://xlviii.convegnoaie.it/2024/03/30/impatto-dellarea-geografica-di-provenienza-delle-madri-immigrate-sulla-diagnosi-prenatale-nei-casi-di-anomalia-congenita-in-emilia-romagna-i-dati-del-registro-imer-dal-2012-al-2021/).
Un altro gruppo di ricerca ha preso in considerazione i fattori di rischio per sovrappeso e obesità a 6 anni in 8.621 bambini nati e residenti in provincia autonoma di Trento, con l’obiettivo di studiare la presenza e l’eventuale impatto di fattori di rischio riconoscibili nei primi 12 mesi di vita. Rappresentano un rischio per obesità, fattori prenatali quali il BMI materno e la presenza di diabete gestazionale e fattori post natali quali il peso alla nascita, l’essere il primogenito, il genere maschile, un BMI superiore alle 2 deviazioni standard a 12 mesi. L’allattamento materno protratto per almeno 4 mesi diminuisce il rischio di obesità a 6 anni; per ogni mese di allattamento materno esclusivo fino ai 6 mesi la probabilità di sviluppo di obesità diminuisce del 5,5%. Inoltre, sono risultati come fattori di rischio per obesità la residenza in aree non di montagna, la bassa scolarità materna, il fumo in gravidanza e l’abitudine al fumo di almeno un genitore, l’etnia Sud Americana (https://xlviii.convegnoaie.it/2024/03/22/fattori-di-rischio-per-sovrappeso-e-obesita-a-6-anni-in-8-621-bambini-nati-e-residenti-in-provincia-autonoma-di-trento-coorti-di-nascita-2010-2011-2012/).
Il sistema di Sorveglianza Bambini 0-2 anni dell’Istituto Superiore di Sanità ha registrato disuguaglianze di salute nei primi 1000 giorni di vita indicando la necessità di un ampio e urgente margine di miglioramento su tutti i determinanti indagati (assunzione di acido folico, allattamento esclusivo, posizione supina nel sonno, fumo, lettura, esposizione a schermi), con forti differenze a livello territoriale e per condizioni socio-economiche delle mamme intervistate (https://xlviii.convegnoaie.it/2024/03/29/le-disuguaglianze-di-salute-nei-primi-1000-giorni-di-vita-fotografate-dalla-sorveglianza-bambini-0-2-anni-dellistituto-superiore-di-sanita/)
Parlando di immigrati, dall’analisi di 496.660 interviste realizzate tra il 2008 e il 2022, con una presenza del 5% di stranieri si evidenzia come, a parità di livello di istruzione, di contratto lavorativo (continuativo o atipico) e di altre variabili socio-demografiche (genere ed età), gli stranieri provenienti da Paesi a Forte Pressione Migratoria dichiarino di avere maggiori difficoltà economiche, più timore di perdere il lavoro e di essere impiegati maggiormente in professioni non qualificate, anche considerando i lavoratori con laurea. Inoltre hanno una minor probabilità di ricevere, da parte degli operatori sanitari, consigli su stili di vita. Essere residenti da più tempo in Italia aumenta la probabilità di ricevere raccomandazioni in tal senso, ma non elimina le differenze per cittadinanza (https://xlviii.convegnoaie.it/2024/03/27/lo-straniero-esiste-profilo-degli-stili-di-vita-degli-immigrati-provenienti-da-paesi-ad-alta-pressione-migratoria-in-italia-dati-passi-2008-2022/).
In entrambi i convegni si è parlato di malattie prevenibili tramite vaccini, in particolare rivolte ai migranti di recente arrivo: nel contesto del progetto europeo “Increased Access for Newly Arrived Migrants AcToVax4NAM” è stato condotto uno studio pilota con l’obiettivo di sviluppare e sperimentare un percorso per promuovere ed effettuare le vaccinazioni nei Newly Arrived Migrants (NAM). Tra luglio 2023 aprile 2024 sono state sviluppate tre linee di azione che prevedono l’analisi degli attuali percorsi di accesso ai servizi vaccinali e sviluppo di una procedura che faciliti le vaccinazioni, l’individuazione dei punti di percorso in cui inserire materiale multilingue, il rafforzamento della vaccine literacy attraverso incontri formativi. [1]
Al fine di sintetizzare le principali raccomandazioni, barriere e strategie per l’immunizzazione sono stati raccolti 151 documenti: a differenza della popolazione generale, non sempre vengono offerte ai migranti tutte le vaccinazioni incluse nel Programma Nazionale di Immunizzazione per le diverse fasce di età. Le barriere nell’accesso alla vaccinazione per i NAM possono essere di varia natura (legali, economiche, culturali/linguistiche, logistiche, psicosociali). Sarebbero necessarie alleanze multisettoriali con stakeholder coinvolti a vari livelli nel processo vaccinale (https://xlviii.convegnoaie.it/2024/03/30/identificazione-e-analisi-delle-barriere-e-delle-soluzioni-per-migliorare-laccesso-alle-vaccinazioni-dei-migranti-di-recente-arrivo/).
Al convegno di Palermo è stato descritto l’impegno per l’equità nella salute nell’assistenza all’esperienza dell’OMCeO di Roma che, nel 2021, ha istituito la commissione per il contrasto delle disuguaglianze nella salute e nell’assistenza.[2]
Nella stessa giornata è stato illustrato il ruolo degli operatori in una comunità di Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA, che loro preferiscono definire Maggiore Stabilità Non Abbandonati ) a Reggio Emilia. Nel 2022-2023 il territorio di Reggio Emilia ha visto l’aumento di arrivi del 406% con necessità di modifica delle procedure di accoglienza socio-sanitaria: maggiore rapidità di risposta, semplificazione, continuità della presa in carico amministrativo, sociale e sanitaria. La presenza e la prima valutazione da parte del mediatore e dell’educatore di riferimento della Cooperativa Sociale hanno garantito qualità e adesione ai percorsi proposti. L’attività svolta dall’equipe multidisciplinare costituita da molti professionisti, in collaborazione col tavolo aziendale su migranti e vulnerabilità, ha permesso una rivalutazione continua dei percorsi di presa in carico, in relazione alle nuove esigenze emergenti (determinazione dell’età, fragilità e vulnerabilità).
Sempre sul tema è stato presentato il quaderno della Salute per MSNA che nasce dalla constatazione degli esiti positivi, in termini di efficacia, di accesso appropriato alla cura, ottenuti dall’agenda di salute, offerta in Piemonte, a tutti i bambini fin dagli anni 2000. La sua composizione si è sviluppata attraverso la consulenza di operatori esperti di salute dei migranti: i risultati attesi sono fornire ai ragazzi/e maggiori informazioni sui servizi sanitari, tempestività dell’offerta, divulgazione tra pari e di informazioni utile; senza contare il vantaggio di aver tutta la documentazione sanitaria raccolta e ordinata.
Altro strumento messo a punto per avvicinare le persone ai servizi è il passaporto della Salute per il contrasto delle Mutilazioni Genitali Femminili (MGF) sensibilizzando e coinvolgendo le madri e le seconde generazioni nel dibattito sulle MGF (soprattutto per la prevenzione durante i viaggi nel paese d’origine).
Il documento tradotto in nove lingue per garantirne la comprensibilità, utilizza un linguaggio chiaro, diretto ai genitori alle comunità interessate.
In conclusione possiamo dire che in entrambi gli eventi si è voluto trasmettere il messaggio che i gruppi vulnerabili frequentemente danno priorità ad altre esigenze rispetto alla prevenzione e, inoltre, possono avere difficoltà nel gestire efficacemente le risorse del Sistema Sanitario. Interventi per rafforzare l’Health Literacy possono contribuire a diminuire i divari dovuti alle disuguaglianze in salute. In ogni occasione di incontro la persona deve essere ascoltata, sia dal punto di vista medico che psicologico e psicosociale, nella sua complessità e intersezione dei bisogni. Talvolta la comunicazione tra paziente immigrato e istituzioni sanitarie può risultare complessa: è fondamentale implementare azioni integrate e intersettoriali per favorire interventi in un’ottica di equità e inclusione.
[1] https://www.accesstovaccination4nam.eu/
[2] https://www.ordinemediciroma.it/pagina136528_commissioni-mediche.html
A cura di Luisa Mondo, Servizio di Epidemiologia ASL TO3, Regione Piemonte, luisa.mondo@epi.piemonte.it,