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Disuguaglianze di salute

Qual è lo stato di salute di chi abita il carcere? I risultati di una revisione

Tempo di lettura: 8 minuti

Le persone che hanno vissuto in carcere si caratterizzano per condizioni di salute precarie. Spiegare l’importante carico di malattie fisiche e mentali tra la popolazione carceraria può essere utile per indirizzare servizi e politiche della salute. 

In questa “umbrella review” o revisione ombrello, con cui si fa riferimento ad una revisione di revisioni o di metanalisi, è presentata l’epidemiologia delle malattie mentali e fisiche diffuse tra i detenuti nelle carceri di tutto il mondo. In dettaglio è stata analizzata la prevalenza di disturbi mentali e fisici ed è emerso che nelle carceri il tasso è almeno il doppio rispetto a quello della popolazione generale. Affrontando il tema della salute in carcere, lo studio si pone l’obiettivo di dare suggerimenti per le politiche, al fine di migliorare lo stato di salute di individui vulnerabili e, di conseguenza, ridurre le disuguaglianze. (1)

Nel mondo ogni giorno finiscono in galera oltre 11 milioni di persone, una popolazione la cui traiettoria di vita è tipicamente caratterizzata da un basso livello di istruzione, disoccupazione, condizione abitativa instabile, povertà e traumi sociali; tutti fattori che possono avere un impatto negativo sullo stato di salute. 

Il tasso di mortalità tra carcerati è maggiore rispetto a quello di pari residenti nella comunità, in particolare per quanto riguarda il tasso di suicidi e le condizioni di salute dopo il ritorno in libertà continuano ad essere precarie. Eppure, paradossalmente, il carcere può anche rappresentare un’opportunità per ricevere diagnosi e trattamenti e per migliorare la propria condizione di salute, in una popolazione vulnerabile che spesso non accede alle cure primarie, a causa di stigmatizzazioni e mancanza di health literacy.

La revisione Favril del 2024

La revisione Favril pubblicata su Lancet Public Health nel 2024, include solo revisioni con metanalisi che hanno fornito una stima della prevalenze e/o incidenza di tutte le condizioni di salute fisiche e mentali tra tutta la popolazione residente nelle carceri o centri di detenzione minorile. Pertanto sono state escluse le metanalisi che esaminavano la condizione di salute di determinati gruppi (es. chi ha commesso reati sessuali, persone con diagnosi specifiche e tossicodipendenti), che riguardavano i centri di permanenza per il rimpatrio e gli ospedali psichiatrici giudiziari e che fossero limitate ad una sola nazione. .

Sono stati prese in esame solo i disturbi e le malattie valutate mediante indagine clinica (ad esempio biomarcatori) o strumenti diagnostici validati: sono stati pertanto esclusi strumenti di screening.

Le stime di prevalenza delle condizioni di salute sono state stratificate per età, sesso e livello di reddito del paese.

La ricerca inizialmente ha selezionato 1909 metanalisi pubblicate a partire dal 2002 fino al 2023 e a seguito di successive selezioni, sono state, alla fine, incluse 17 metanalisi. I risultati indicano che gli individui detenuti sono caratterizzati da cattive condizioni di salute, che si articolano in un’ampia gamma di disturbi mentali e fisici.

In primo luogo, il peso dei disturbi mentali curabili tra gli individui detenuti è sostanziale. A una persona su dieci è stata diagnosticata la depressione (11%) o il disturbo da stress post-traumatico (PSTD) (10%) e la malattia psicotica ha colpito circa il 4% della popolazione carceraria. Un quarto (24%) delle persone che entrano in carcere presentano un disturbo dovuto all’uso di alcol e il 39% un disturbo dovuto all’uso di droghe. Queste condizioni di salute mentale raramente si presentano isolatamente; circa la metà delle persone detenute con depressione (52%) o malattia psicotica (49%) aveva in comorbilità un disturbo da uso di sostanze

Prendendo in considerazione il sesso, si evidenzia una prevalenza di disturbi mentali, abuso di droghe e PSTD tra le donne detenute rispetto agli uomini. Non ci sono differenze significative per i disturbi psicotici, la depressione e l’alcolismo, mentre il disturbo antisociale di personalità è più comune negli uomini.

In base al livello di reddito del paese, le malattie psicotiche e la depressione erano più comuni nei paesi a basso e medio reddito, mentre il disturbo da stress post-traumatico era più diffuso nei paesi ad alto reddito. In relazione all’età, la prevalenza della maggior parte dei disturbi mentali è risultata sostanzialmente simile negli adolescenti e negli adulti, ad eccezione dei disturbi da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), che era più comune negli adolescenti. Nel complesso, se confrontati con la popolazione generale, la maggior parte dei disturbi mentali era almeno due volte più diffusa tra le persone detenute.

Emerge un’elevata prevalenza di malattie infettive. Una persona su 6 (18%) nelle carceri presenta o ha avuto un’infezione da epatite C, il 5% da epatite B, il 3% da HIV e il 3% da tubercolosi. Altrettanto comuni le infezioni sessualmente trasmissibili, come la clamidia (9%), con tassi maggiori tra le donne. Tra le persone in carcere di età pari o superiore a 50 anni, le malattie non trasmissibili tra cui ipertensione (39%), diabete (14%) e asma (7%) erano generalmente più diffuse rispetto ai loro coetanei più giovani. 

La revisione Favril evidenzia alcune lacune importanti nella letteratura sul tema, che limitano la conoscenza della serie completa di problemi e bisogni di salute tra le persone residenti in carcere.

·nessuna delle meta-analisi incluse ha esaminato i tassi di incidenza che potrebbero integrare i dati sulla prevalenza e fornire un quadro più completo del carico di malattia nelle carceri

·vi era una notevole mancanza di prove sulla prevalenza di malattie non trasmissibili come il cancro, diabete e malattie cardiovascolari. L’unica meta-analisi identificata in quest’area era limitata agli anziani. La disponibilità di dati sui giovani adulti, che costituiscono la grande maggioranza della popolazione carceraria in tutto il mondo, potrebbero offrire informazioni sull’invecchiamento accelerato delle persone nelle carceri.

·le meta-analisi sull’epilessia e sui disturbi della personalità sono state pubblicate più di 20 anni fa e quindi richiedono un aggiornamento, ad esempio, includendo dati sulla prevalenza del disturbo borderline di personalità negli uomini.

·il peso globale del disturbo bipolare, dei disturbi d’ansia, dei disturbi alimentari e dei disturbi dello spettro autistico nella popolazione carceraria non è stato ancora oggetto di una revisione metanalitica

·non sono state identificate meta-analisi che esaminassero la comorbilità tra condizioni di salute mentale e fisica. Insieme,

Suggerimenti e indicazioni per l’azione

Il rapporto tra detenzione e salute rimane una questione chiave per la salute pubblica e la politica: innanzitutto è lecito domandarsi se lo stato di detenzione è indicatore di disuguaglianze di salute preesistenti o causa di precari esiti di salute.

Da un lato, una certa evidenza epidemiologica supporta l’ipotesi selettiva secondo cui problemi psichici e abuso di sostanze sono importanti fattori di rischio per atti criminali e reclusione, mediante i quali problemi di salute preesistenti vengono importati in carcere. Inoltre i detenuti spesso provengono da esperienze di instabilità abitativa e da un passato avverso che li rendono vulnerabili.

Altre ricerche supportano processi selettivi che in modo sproporzionato convogliano verso il carcere individui che provengono da situazioni svantaggiate e questo fatto contribuisce a esacerbare le disuguaglianze.

Inoltre Il contesto penitenziario può avere un effetto negativo sulla salute: isolamento, esposizione a un ambiente stressante, maggior tendenza a fumare, alimentazione scorretta e inattività fisica. L’utilizzo di droghe e attività sessuali non protette contribuiscono a trasmettere infezioni virali e batteriche. Per non dimenticare che spesso le carceri sono sovraffollate, in condizioni spesso degradate, che favoriscono la trasmissione di malattie, come avvenuto per il Covid-19[1]. (2)

Per contro però il periodo di detenzione può avere dei benefici: i detenuti provengono da contesti svantaggiati e marginalizzati, l’esperienza carceraria può permettere loro un miglioramento del proprio stato di salute, attraverso l’accesso a cure e diagnosi. Inoltre per le persone provenienti da ambienti emarginati, le condizioni di vita nelle carceri (ad esempio, alloggio e pasti regolari) potrebbero rappresentare un miglioramento rispetto ai loro standard prima di entrare in prigione, con possibili effetti benefici sulla salute. In sintesi il rapporto carcere e salute è complesso

Un tema su cui dovrebbe concentrarsi la sanità pubblica è proprio la relazione tra salute e reclusione: come il carcere influsice sulla salute, negativamente o positivamente, e le traiettorie di salute mentale e fisica delle persone prima, durante e dopo la reclusione, gli effetti sulle disuguaglianze di salute e le conseguenze indirette sulle famiglie e sulle comunità.

Quanto emerge dalla revisione Favril è che le persone in carcere sperimentano una cattiva salute a causa di un’ampia gamma di condizioni mentali e fisiche. Pertanto dovrebbero essere implementati, valutati e periodicamente rivisti gli standard nazionali per soddisfare i complessi bisogni di salute delle persone nelle carceri. I miglioramenti sanitari potrebbero essere raggiunti in modo più efficace attraverso modelli di governance e di erogazione dei servizi che integrino l’assistenza sanitaria carceraria all’interno del sistema sanitario pubblico, piuttosto che essere responsabilità dei ministeri della giustizia.

In accordo con i principi di egual accesso e diritto alla salute, i detenuti dovrebbero beneficiare degli stessi standard di cura disponibili per la popoazione, senza discriminazioni legate al loro stato giuridico. Tuttavia la copertura terapeutica nelle carceri continua ad essere scarsa, e questo divario terapeutico è probabilmente più pronunciato nei paesi a basso e medio reddito che nei paesi ad alto reddito a causa delle limitazioni delle risorse. In ogni caso anche nei contesti ad alto reddito, esistono notevoli differenze nella fornitura di assistenza sanitaria carceraria. Pertanto raggiungere l’equivalenza dei risultati sanitari potrebbe essere un obiettivo più appropriato.

Le malattie mentali dovrebbero essere trattate con approcci basati su interventi evidence based. Il maggior tasso di utilizzo di droghe e del disturbo da stress post traumatico tra le donne dovrebbe rappresentare un indicatore per orientare le politiche verso un approccio più sensibile alle questioni di genere.

Le cure primarie in prigione possono contribuire a trattamenti tempestivi, migliore gestione delle malattie e cure preventive più rapide. Nel caso delle malattie infettive, il tracciamento di casi tramite screening in entrata potrebbe migliorare gli esiti ed estendere i trattamenti. Altrettanto dicasi per i programmi di vaccinazione: ad esempio la vaccinazione universale contro l’epatite B nelle carceri è stata associata a un aumento del livello di copertura tra le persone che si iniettano droghe nella comunità. Il consumo di droghe, invece, dovrebbe essere considerato una questione di salute pubblica e non una questione di giustizia penale. 

In generale, sono necessarie strategie per facilitare il collegamento e il mantenimento nei servizi post-dimissione, compresa la pianificazione delle dimissioni e il coordinamento dell’assistenza transitoria, per garantire il mantenimento dei progressi ottenuti dal trattamento.

A livello politico, quindi, bisognerebbe focalizzarsi su interventi strutturali volti a fronteggiare a monte fattori che incrementano le disuguaglianze come la povertà, l’instabilità abitativa, tentando di migliorare già preventivamente la condizione svantaggiata e vulnerabile della popolazione ai margini. Inoltre azioni politiche indirizzate ad affrontare le disuguaglianze sanitarie a livello di popolazione dovrebbero includere i bisogni sanitari delle persone detenute. Nel complesso, il miglioramento della salute delle persone che vivono la carcerazione richiederà finanziamenti strutturali e volontà politica per fornire un’assistenza sanitaria adeguata.

Il carico sproporzionato di disturbi fisici e mentali nella popolazione carceraria rappresenta, quindi, sfide e opportunità. Gli istituti penitenziari rappresentano un contesto sfidante e difficile per l’erogazione di servizi sanitari, inclusi i requisiti di sicurezza. i frequenti spostamenti tra carceri (spesso senza trasferimento di cartelle cliniche) e i soggiorni brevi rendono difficile l’impegno con l’assistenza sanitaria, e barriere strutturali come il sovraffollamento e la carenza di personale impediscono ulteriormente la fornitura ottimale delle cure.

Inoltre barriere a livello individuale impediscono ai detenuti di accedere ai servizi disponibili: la sfiducia nel sistema sanitario, la scarsa alfabetizzazione sanitaria, il comportamento di ricerca di aiuto e la paura della stigmatizzazione.

Nonostante queste sfide, la detenzione offre una finestra temporale unica durante la quale i molteplici bisogni sanitari delle popolazioni svantaggiate possono essere valutati, diagnosticati e trattati, spesso per la prima volta. Inoltre molti detenuti prima o poi verranno rilasciati, per cui il miglioramento della loro salute durante la detenzione può potenzialmente migliorare anche la salute delle comunità a cui torneranno, producendo quindi un beneficio per la salute pubblica.

Il trattamento delle malattie mentali e dell’abuso di sostanze potrebbe infine contribuire alla sicurezza pubblica diminuendo i tassi di recidiva. A loro volta, questi effetti potrebbero arrecare benefici economici riducendo l’onere sui sistemi sanitari e di giustizia penale.

(1) Favril L, Rich JD, Hard J, Fazel S. Mental and physical health morbidity among people in prisons: an umbrella review Lancet public health 2024; 9: e250-60.

(2) Associazione Antigone. Nodo alla gola. XX rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione (Italia).


[1] In Italia la popolazione detenuta continua a crescere. A fronte di 51.272 posti ufficialmente disponibili (che in realtà si stimano essere circa 3.000 in meno), erano 60.116 le persone detenute il 30 novembre 2023. In questo contesto il tasso di affollamento ufficiale è oggi del 117,2%, ma a fronte di questo valore medio in Puglia siamo ormai al 153,7% (4.475 detenuti in 2.912 posti), in Lombardia al 142% (8.733 detenuti in 6.152 posti) e in Veneto al 133,6% (2.602 detenuti in 1.947 posti). La situazione in molti istituti è poi gravissima. A Brescia Canton Monbello l’affollamento è ormai al 200%, a Foggia al 190%, a Como al 186% e a Taranto al 180%. Numeri che rispecchiano condizioni invivibili che nei prossimi mesi sono destinate a peggiorare (Rapporto Associazione Antigone 2023).


A cura di Paola Capra e Giulia Caruso, Centro di Documentazione per la Promozione della Salute – Dors  paola.capra@dors.it ,giuliacaruso18@gmail.com

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