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Disuguaglianze di salute

Le disuguaglianze educative della scuola italiana hanno pagato il prezzo della pandemia

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Un milione e 382mila minori in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta, con numeri in crescita rispetto al 2020. Ma il peggioramento della povertà materiale va di pari passo con l’impoverimento educativo, che in più sconta gli effetti di Covid e DAD, soprattutto tra i minori già in svantaggio socioeconomico. È quanto emerge nel nuovo rapporto “Alla ricerca del tempo perduto – Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana” pubblicato da Save the Children nel mese di settembre. 

In dettaglio il 23,1% dei 15-29enni in Italia si dibattono nel limbo dei NEET, esclusi da ogni percorso lavorativo, di istruzione o di formazione, e in regioni come Sicilia, Campania, Puglia superano i coetanei che lavorano. Inoltre il numero dei Neet italiani è il più alto dell’Ue, oltre il doppio di Francia e Germania. 

Il 9,7% degli studenti con un diploma superiore nel 2022 si ritrova in condizioni di dispersione “implicita”, cioè senza le competenze minime necessarie (secondo gli standard INVALSI) per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università, mentre il 12,7% dei minori non arriva neanche al diploma delle superiori, perché abbandona precocemente gli studi.

Il rapporto poi analizza alcuni indicatori “strutturali” inerenti la scuola, come l’offerta di tempo pieno, la presenza di mensa scolastica, palestre e certificato di agibilità e sottolinea che esiste una correlazione positiva tra il livello di apprendimento di studentesse e studenti e tali indicatori. Dall’analisi emerge un vero e proprio paradosso: i territori dove la povertà minorile è più forte sono quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre. Eppure proprio dove bambini e adolescenti affrontano, con le loro famiglie, le maggiori difficoltà economiche ci sarebbe bisogno di un’offerta educativa più ricca che, nella maggior parte dei casi, è invece carente.

Per questo – osserva Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children – chiediamo al nuovo governo che si formerà un investimento straordinario che parta dalla attivazione di aree ad alta densità educativa’ nei territori più deprivati”. A tal fine diventa essenziale aumentare significativamente le risorse per l’istruzione, portandole al pari della media europea, ovvero il 5% del PIL. 

Save the Children dal 2012 è impegnata in prima linea nel mondo della scuola in Italia con Fuoriclasse, un progetto integrato di contrasto alla dispersione scolastica, che è presente nella banca dati CARE e a cui è stato dedicato l’articolo “titolo + link” 

Apprendimento e Covid-19: una revisione sistematica 

Come sopra accennato, la pandemia ha pesantemente inciso sull’apprendimento di bambini e adolescenti. L’espressione deficit di apprendimento fa riferimento e racchiude un duplice significato: ritardi nell’apprendimento rispetto ai progressi attesi e perdita di conoscenze e competenze già acquisite.

Il deficit di apprendimento provocato dal covid-19 a livello individuale ha condizionato e condizionerà la vita di bambini e adolescenti, per quel che concerne il grado di istruzione e le prospettive di carriera nel mercato del lavoro: a livello più ampio, di società, potrà avere conseguenze importanti per la crescita, la prosperità e la coesione sociale. Diventa pertanto fondamentale valutare l’entità del deficit di apprendimento conseguente alla pandemia, per pesare i reali costi e benefici della chiusura delle scuole. 

La revisione e metanalisi Betthäuser del 2022, “A systematic review and meta-analysis of the impact of the COVID-19 pandemic on learning” ha svolto il compito, raccogliendo le evidenze sul deficit di apprendimento nei due anni di pandemia da covid-19: si tratta di 34 studi aggiornati fino al mese di febbraio 2022, pubblicati in 12 paesi, soprattutto ad alto reddito.

Due anni di pandemia da covid-19 hanno provocato un sostanziale deficit di apprendimento, pari a circa il 40% di quanto uno studente impara in un anno scolastico, che è apparso subito, ad inizio pandemia e perdura ancora oggi. Questo è il risultato più importante della revisione. Inoltre il deficit di apprendimento è maggiore nei bambini e adolescenti appartenenti a contesti socioeconomici più svantaggiati, esacerbando ed ampliando disuguaglianze educative in essere molto prima della pandemia.

La revisione poi sottolinea che il deficit di apprendimento risulta maggiore nei paesi in cui il decorso della pandemia è stato più severo, misurato come eccesso di mortalità, più duratura la chiusura delle scuole e meno adeguate le infrastrutture per l’apprendimento a distanza. Il limite più evidente è di natura geografica: le evidenze a disposizione provengono da paesi ad alto reddito, sono assenti studi nei paesi a basso reddito e molto carenti nei paesi a medio reddito, ovvero proprio dove maggiore è il deficit di apprendimento, più lunga la chiusura delle scuole e più scarse le disponibilità e gli strumenti per apprendere in remoto.

Come recuperare e colmare il deficit di apprendimento? Attraverso politiche e interventi specifici, sfruttando opportunità in presenza – scuole e campi estivi, estensione delle ore e settimane scolastiche, programmi di tutoraggio e ripetizioni. Sviluppando, migliorando, pubblicizzando, garantendo l’accesso a app per l’apprendimento, piattaforme online, programmi televisivi educativi.

Infine gli interventi e le politiche devono innanzitutto, in modo prioritario, offrire supporto ai bambini provenienti dai contesti socioeconomici più disagiati, per consentire loro di recuperare l’apprendimento perso nei due anni di pandemia e ridurre così un divario preesistente nei confronti dei loro coetanei più abbienti e fortunati.

La dispersione scolastica, o la mancata acquisizione di competenze adeguate al proseguimento degli studi universitari o all’ingresso nel mondo del lavoro, sono fenomeni largamente diffusi nel nostro Paese, fenomeni che 2 anni di pandemia hanno acuito. In larga parte dipendono dalla condizione socioeconomica e culturale delle famiglie e dei territori dove i bambini nascono e crescono. Due anni di pandemia hanno peggiorato nettamente la situazione. Proprio per questo una scuola di qualità, che offra spazi sicuri, infrastrutture e servizi adeguati, può dare opportunità eguali di apprendimento a tutti gli studenti e le studentesse, anche, e soprattutto, a quelli che sono maggiormente svantaggiati. La scuola, infatti, può essere un presidio essenziale nella lotta alle disuguaglianze.

La revisione Betthäuser non è ancora stata pubblicata su una rivista peer review ma è disponibile nel repository di preprint SocArXiv.  

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A cura di Paola Capra, DoRS – Centro di Documentazione per la Promozione della Salute paola.capra@dors.it