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Disuguaglianze di salute

Come intervenire a favore della salute mentale dei migranti involontari: indicazioni dalla letteratura

Tempo di lettura: 5 minuti

Le Nazioni Unite stimano la presenza nel mondo di circa 40 milioni di migranti interni, 25 milioni di rifugiati e 3 milioni di richiedenti asilo, con numeri in crescita (UNHCR 2019). Tutti migranti involontari che sono stati obbligati ad abbandonare le loro case in circostanze drammatiche, hanno subito viaggi rischiosi e pieni di disagio e hanno dovuto adattarsi al nuovo paese ospite, sperimentando perciò situazioni estremamente stressanti e spesso dannose per il loro benessere psicofisico.

La revisione Mesa-Vieira del 2022, a cui Dors ha dedicato l’articolo “La fragilità psichica di chi emigra da paesi in guerra è emergenza sanitaria”, sottolinea un dato allarmante: i migranti esposti a conflitti armati sono affetti da disturbi di salute mentale in modo decisamente sproporzionato rispetto al resto della popolazione, con prevalenze che vanno dal 31% per il disturbo da stress post-traumatico, al 25% per la depressione maggiore, al 14% per il disturbo da ansia generalizzata.

Esiste perciò un’emergenza che riguarda la salute mentale di chi emigra contro la sua volontà, per cui è necessario agire in modo tempestivo e soprattutto efficace. Ma quali sono gli interventi più idonei da metter in atto?

La revisione Cochrane Uphoff 2020: una visione d’insieme di interventi  

La revisione Cochrane Uphoff 2020, scoping review di revisioni sistematiche, traccia un quadro generale della letteratura disponibile: 23 revisioni sistematiche e 15 protocolli di revisioni di interventi sul tema della salute mentale dei migranti involontari. Vengono sintetizzate le caratteristiche e la qualità delle revisioni esistenti sul tema, senza valutare l’efficacia degli interventi proposti. I risultati della revisione aiutano a identificare le priorità a cui dedicare le revisioni future.

Nel dettaglio i migranti involontari, sono rifugiati e richiedenti asilo, costretti ad abbandonare i loro paesi di origine per timore di persecuzioni, conflitti, violenza e altre circostanze pericolose. A loro si aggiungono i migranti interni, che hanno abbandonato la loro casa ma non il paese di origine. Sono inclusi sia adulti che minori. I disturbi di salute mentale presi in esame riguardano depressione maggiore, disturbi da ansia generalizzata e disturbi da stress post-traumatico (PTSD) formalmente diagnosticati. Vengono anche considerati i sintomi di problemi di salute mentale privi di diagnosi formale.

Gli interventi esaminati possono includere psicoterapie e farmaci, trattamenti individuali o di gruppo, interventi effettuati da professionisti esperti o personale non professionista. Le tipologie di interventi sono riconducibili a tre categorie:

  • la promozione della salute mentale, che si concentra sugli aspetti positivi del benessere piuttosto che sulla malattia, per esempio interventi indirizzati al benessere e allo sviluppo salutare dei bambini, realizzati in classe o nei centri di accoglienza
  • la prevenzione dei disturbi di salute mentale può riguardare la salute mentale in generale o specifici disturbi, per esempio la terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma nel caso di PTSD
  • Il trattamento dei disturbi di salute mentale, include differenti tipi di terapie psicologiche, dalla terapia cognitivo comportamentale, psicoeducazione e terapie a bassa intensità (counselling, tecniche di rilassamento), l’ EMDR, terapie ad alta intensità (terapia psicodinamica, terapia interpersonale, terapie creative.  Altro è l’approccio transdiagnostico, che si allontana dai tradizionali confini diagnostici del DSM per concentrarsi sui sintomi comuni, che possono essere trasversali alle diagnosi. Infine esiste l’approccio farmacologico.

Per quel che concerne gli outcome viene considerato qualsiasi outcome correlato alla salute mentale, a prescindere da misure utilizzate e lunghezza del follow-up, perciò sui sintomi, sulla diagnosi (ricorrenza della depressione), sul funzionamento, sulla disabilità, sull’accettabilità (qualità di vita e eventi avversi), ma anche outcome positivi come lo stato di benessere.

I risultati

Le 23 revisioni sistematiche comprendono 336 riferimenti bibliografici, di cui 175 sono studi primari originali, tutti pubblicati tra il 2009 e il 2019. Quattro revisioni sistematiche includono solo RCT.

La mappa disegnata dalla revisione Uphoff 2020 indica zone di luce e zone d’ombra, elementi forti e carenze o assenze nella letteratura sul tema. La maggior parte delle revisioni rientra nella categoria del trattamento, in particolare del PTSD e i sintomi trauma correlati.  Sono invece poche le revisioni indirizzate a disturbi di ansia e alla depressione. Per quel che concerne le terapie prevalgono interventi che applicano l’approccio cognitivo-comportamentale, terapie interpersonali, terapie fondate sul trauma e le terapie creative. Meno presenti l’ approccio transdiagnostico,  la terapia psicodinamica, l’educazione e i trattamenti farmacologici. Sono scarsi gli interventi di promozione della salute mentale e di prevenzione. Trascurate o sottorappresentate sono alcune categorie di popolazione: i bambini e adolescenti, i migranti interni

Esiste un problema di classificazione: la distinzione tra promozione della salute mentale, prevenzione e trattamento dei disturbi mentali spesso non viene esplicitata e numerose revisioni hanno considerato come interventi di trattamento degli interventi di prevenzione.

Implicazioni e suggerimenti

Il panorama della letteratura disponibile sul tema della salute mentale dei migranti involontari, che ci offre la revisione Uphoff 2020, non si pronuncia sull’efficacia degli interventi e pertanto non può orientare l’azione concreta. Tuttavia ci informa che l’evidenza a disposizione per i decisori in ambito clinico e politico è innanzitutto di qualità limitata. Sono solo due le revisioni sistematiche di alto livello qualitativo, entrambe nel contesto dei paesi ad alto reddito, una, Turrini 2017, sugli interventi per i disturbi mentali di rifugiati e richiedenti asilo, l’altra, Nosè 2017, sul disturbo da stress post-traumatico di rifugiati e richiedenti asilo.

Poi ci informa sul divario di evidenze disponibili a discapito di alcuni gruppi importanti come i migranti interni, che sono la maggioranza dei migranti involontari e i minori, degli interventi per il trattamento di ansia e depressione maggiore, degli interventi di promozione della salute mentale e di prevenzione, che potrebbero essere molto importanti per sostenere la fase post-migratoria di insediamento nel paese ospitante.

Quesiti aperti per il futuro

E’ possibile anticipare alcuni quesiti di ricerca a cui dedicare revisioni future

Qual è l’efficacia della prevenzione e del trattamento dei più comuni disturbi di salute mentale, a parte il disturbo da stress post-traumatico?

Se il trattamento del PTSD è oggetto delle due revisioni di elevata qualità Turrini e Nosé e pertanto non richiede ulteriori studi al momento, mancano invece revisioni su ansia e depressione e sull’ approccio transdiagnostico, spesso adottato dai paesi a basso e medio reddito.  

Qual è l’efficacia della promozione della salute mentale e della prevenzione e del trattamento dei disturbi mentali nei minori?

La maggioranza delle revisioni non si indirizzano specificamente ai bambini e adolescenti benché siano disponibili differenti interventi appropriati per bambini e adulti e la loro efficacia potrebbe differire tra bambini e adulti.

Che cosa si intende per accettabilità degli interventi per migranti involontari?

Molti degli interventi identificati nel quadro generale della revisione Uphoff 2020 non nascono per i migranti involontari, anche se poi vengono adottati per loro; questo solleva domande sull’appropriatezza degli interventi per queste specifiche popolazioni e se sia necessario un adattamento. Per esempio numerosi migranti involontari vivono in paesi a basso e medio reddito, dove le risorse a disposizione sono limitate e approcci transdiagnostici o più orientati all’acquisizione di competenze e allo svolgimento di compiti possono essere più appropriati delle psicoterapie tradizionali.  

Come rispondere a questi quesiti?

Innanzitutto rafforzando le evidenze disponibili: nelle revisioni sistematiche sarebbe necessario includere esplicitamente rifugiati, richiedenti asilo e migranti interni tra gli obiettivi, i criteri di selezione e i termini utilizzati per la ricerca. In particolare i migranti interni, che costituiscono la maggioranza dei migranti involontari a livello mondiale spesso non vengono inclusi esplicitamente.

Le revisioni di elevata qualità che riportano, in modo trasparente e completo disegno e metodi, aiuterebbero a informare decisioni in merito all’implementazione pratica degli interventi di salute mentale: la registrazione online o la pubblicazione di un protocollo della revisione, la descrizione dei criteri per la selezione, la valutazione della qualità degli studi inclusi sono elementi chiave immancabili in una revisione sistematica.    

Riferimenti bibliografici

La revisione Cochrane

Gli studi più rilevanti

Sintesi e traduzione a cura di Paola Capra, Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute, DoRS

paola.capra@dors.it