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Disuguaglianze di salute

Salute disuguale: le cure per le persone in condizione di limitazione della libertà personale

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Tempo di lettura: 5 minuti

L’Ufficio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale (da qui in poi “Garante”) ha appena presentato due importanti documenti: la relazione annuale sulla Casa Circondariale Lorusso e Cotugno di Torino[1] e un approfondimento sulla popolazione giovanile ivi detenuta[2] oltre a vari rapporti e relazioni sul CPR (Centro Per il Rimpatrio) a Torino.


La Regione Piemonte ha recepito[3] l’Accordo tra il Governo, le Regioni, le Province autonome e le Autonomie locali del 22 gennaio 2015[4] il quale sancisce che le Aziende sanitarie assicurano  l’assistenza sanitaria alla popolazione detenuta negli istituti penitenziari e nei servizi della giustizia minorile del proprio territorio regionale attraverso un sistema articolato di servizi sanitari con caratteristiche di complessità organizzativa e funzionale.

Poiché il diritto alla salute è previsto, nel rapporto si sottolinea che è tempo che la questione della sua esigibilità passi dalla sfera teorica a quella pratica, quella dimensione che fisiologicamente comporta ingenti costi, di natura economica, spesso sociale, frequentemente politica, talvolta, malauguratamente, penale.

L’ufficio della Garante, nel corso del 2022, ha ricevuto 128 segnalazioni: richieste di trasferimento al padiglione A o al reparto delle Molinette, segnalazioni in merito a patologie in fase acuta, richieste di visite, farmaci, cure e/o interventi (soprattutto odontoiatriche), ritardi di prese in carico (frequente la disdetta di visite o interventi anche programmati da lunga data), necessità e richieste di supporto psicologico o psichiatrico, avvio di scioperi della fame (per esempio, nel mese di agosto 2022, nella sezione femminile era iniziato uno sciopero della fame a staffetta per porre l’attenzione sui troppi casi di suicidio in cella).

Uno dei maggiori problemi riguarda l’assenza di personale sanitario e la conseguente impossibilità di garantire un servizio efficiente e continuo; non va meglio per coloro che decidono di affidarsi ad un medico esterno a pagamento per difficoltà di comunicazione (non ricevono comunicazioni puntuali oppure ne ricevono di diverse, e non sempre coerenti fra loro, a secondo dell’interlocutore).

I pazienti con patologie di bassa e media complessità (necessitano di una degenza stimata di almeno 7 giorni) vengono ricoverati nel reparto delle Molinette dedicato alle persone detenute, con 17 posti letto, presi in carico per competenza specialistica tra le diverse strutture sanitarie presenti nel Presidio.

Nel caso in cui il paziente necessiti di livelli di assistenza di maggiore intensità o complessità, ne viene richiesta la degenza, con piantonamento, presso la struttura più appropriata ai bisogni di salute. Al Reparto Detenuti non vi sono le specialità di ostetricia e ginecologia e di neonatologia; è delicato anche il tema della presa in carico dei minori, senza contare tutte le criticità legate alla salute mentale poiché ancora di recente si sono verificate delle difficoltà interpretative nel tentativo di mantenere un equilibrio tra diritto alla salute ed esigenze di sicurezza (disposizione di alcuni TSO). Purtroppo il 2022 ha rappresentato l’anno con il maggiore numero di suicidi avvenuti negli istituti penitenziari italiani: 85 le persone che si sono tolte la vita, come emerge dalla relazione “Per un analisi dei suicidi negli istituti penitenziari[5].

L’aumento delle patologie cronico degenerative è correlato a bisogni di salute di tipo riabilitativo. Recentemente è stato proposto di trasformare una porzione del Reparto Detenuti in un Centro medico che assicuri prestazioni ambulatoriali specialistiche. Inoltre è opportuno cogliere l’opportunità di utilizzo di nuove tecnologie (televisita, teleconsulto, telemonitoraggio, telereferto).

Tra il mese di gennaio e il mese di maggio del 2022 è stata condotta una ricerca sui giovani detenuti (persone nate tra il 1997 e il 2004) presenti nell’istituto torinese: 178 “giovani adulti”, di cui 170 ragazzi e 8 ragazze. Ai 149 che hanno accettato l’intervista è stato somministrato un questionario semi-strutturato finalizzato a raccogliere elementi relativi alla condizione socio-anagrafica, alla situazione giuridica e alla vita in carcere.

La fascia d’età 18-20 anni costituisce il 9,4% del campione, il 90,6% ha tra i 20 e i 25 anni. Il 74,5% dei giovani intervistati è straniero, con ben 26 nazionalità differenti; tra le più diffuse Senegal, Nigeria, Romania, Egitto, Gambia, Gabon, Albania, Bosnia Erzegovina, Mali, Tunisia. Oltre la metà ha dichiarato di essere arrivato in Italia come minore straniero non accompagnato (MSNA).
Inoltre, dal mese di gennaio 2022, la Garante ed i suoi collaboratori hanno svolto frequenti visite presso l’Istituto minorile Ferrante Aporti, in occasione delle quali, oltre ad un monitoraggio di alcuni spazi della struttura, si sono dedicati allo svolgimento di colloqui individuali e di gruppo con i giovani detenuti i quali lamentavano povertà dell’offerta pomeridiana (scuola, studio, sport); la somministrazione di calmanti e farmaci per alleviare i sintomi dell’astinenza da sostanze stupefacenti e psicofarmaci di cui abusavano all’esterno, ma risulta difficile la presa in carico da parte dei SerD cittadini. Una criticità è rappresentata dall’alto numero di MSNA (circa il 50% del totale delle presenze) con necessità di corsi di alfabetizzazione, presa in carico della dipendenza da sostanze e dei vissuti traumatici.

Infine il CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Torino): le problematiche sanitarie si sono riscontrate durante tutte le visite effettuate al Centro.
Il 19 maggio 2022, la Ministra dell’Interno, Lamorgese, ha adottato, con Decreto, la Direttiva recante “Criteri per l’organizzazione e la gestione dei centri di permanenza per i rimpatri”. Tra gli aspetti di maggior rilievo vi è l’“accertamento delle condizioni di salute e assistenza medica” il quale pone fine al trattenimento di migranti irregolari se non in possesso di certificato di compatibilità con la convivenza in comunità ristretta. Tale certificato viene rilasciato da un medico del SSN e inserito nel fascicolo personale da sottoporre al Giudice in sede di convalida e proroga del trattenimento. Tuttavia
il medico che deve firmare l’idoneità non sa in che struttura andranno, non ha tempo per valutare il profilo psicologico, non può prevedere come reagiranno le persone una volta trattenute.

Durante il trattenimento i medici dipendenti della struttura, per capitolato, sono presenti solo 6 ore al giorno; è difficile ricevere visite specialistiche, spesso son somministrati farmaci non necessari (psicofarmaci).

Tutte le visite specialistiche e le prestazioni necessarie alla cura vengono effettuate solo su richiesta dei sanitari dell’Ente Gestore; le visite dal Centro di Salute Mentale sono a chiamata, per cui viene meno la presa in carico continuativa del paziente; la collaborazione con il centro odontoiatrico di riferimento prevede essenzialmente procedure di bonifica dentaria (estrazioni e non cure).

Le persone perdono peso, stanno in silenzio, fanno lo sciopero della fame, non c’è privacy nemmeno in bagno. Purtroppo è raro che all’uscita dal centro (per decorrenza dei termini, per presentazione di richiesta di permesso, per patologie) venga consegnata una cartella clinica completa e tradotta, eventuali esiti di esami e relazioni di visite e la scheda relativa ai farmaci somministrati. 

Anche se rilasciati per seri problemi di salute, non vengono inviati al centro Informazione Salute Immigrati (centro ISI) o ambulatori specialistici sul territorio che possano prenderli in carico. È un comportamento tanto più grave nei casi in cui le persone non sono dell’area del CPR ma arrivano da lontano, non hanno amicizie e parenti in zona e non sanno a chi rivolgersi per le loro esigenze. Se è vero che dovrebbero andarsene entro 7 giorni è altrettanto vero nella settimana della durata del foglio di via, vanno curati.


La precarietà e vulnerabilità sociale delle persone trattenute al CPR sono accentuate dal fatto che spesso non conoscono i loro diritti; vivono in un grande clima di incertezza; nella stragrande maggioranza dei casi serve la mediazione culturale. L’incertezza e la carenza di informazioni riguarda tutte le strutture detentive, indipendente dall’età e genere delle persone recluse e dalla loro nazionalità.

Negli ultimi anni, in più occasioni, l’Ufficio Garante, ha ribadito la necessità di lavorare concretamente ed in maniera strutturata per la presa in carico delle persone in fase di dimissione. In molti dei quasi duecento istituti penitenziari italiani sono attivi “sportelli” che, facendo dialogare diverse istituzioni pubbliche e private (Università, Ordini professionali, ONG e associazioni, volontariato e fondazioni), propongono attività informative sui diritti delle persone detenute, si occupano di reinserimento in libertà.


[1] http://www.comune.torino.it/garantedetenuti/wp-content/uploads/2023/04/Relazione-2022-Garante-dei-diritti-delle-persone-private-della-liberta-personale-Torino.pdf

[2] http://www.comune.torino.it/garantedetenuti/wp-content/uploads/2023/01/Giovani-dentro-e-fuori-2022.pdf

[3] https://www.regione.piemonte.it/web/temi/sanita/sistema-sanitario-piemontese

[4] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2015/03/18/64/sg/pdf

[5] https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/baefe95d2cc04f34eb23db56ba3b6fea.pdf


A cura di Luisa Mondo, Servizio di Epidemiologia ASL TO3, Regione Piemonte

luisa.mondo@epi.piemonte.it