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Disuguaglianze di salute

Riflessioni intorno a modelli di cura per le persone senza dimora con sofferenze psichiche

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Numerosi sono gli studi sanitari che analizzano le persone in condizioni di homelessness, le sofferenze psichiche e le dipendenze patologiche cui sono particolarmente vulnerabili.

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Tra gli articoli scientifici che, con approcci teorici e metodologici eterogenei, trattano i temi citati ne prendiamo in considerazione tre realizzati in Canada, recentemente pubblicati (2015 o 2016), che ci appaiono particolarmente significativi per la qualità del disegno, trattandosi di studi sperimentali e di coorte.
1)    O’Campo P., Stergiopoulos V., Nir P. et al. (2016) “How did a Housing First intervention improve health and social outcomes among homeless adults with mental illness in Toronto? Two-year outcomes from a randomized trial”;
2)    Stergiopoulos V., Schuler A., Nisenbaum R., Ruiter de W., Guimond T., Wasylenki D., Hoch S.J., Hwang W.S., Rouleau K., Dewa C. (2015), “The effectiveness of an integrated collaborative care model vs. a shifted outpatient collaborative care model on community functioning, residential stability, and health service use among homeless adults with mental illness: a quasi-experimental study”;
3)    Somers J.M., Moniruzzaman A., Currie L., Rezansoff S.N., Russolillo A., Parpouchi M. (2016) “Accuracy of reported service use in a cohort of people who are chronically homeless and seriously mentally ill”.
Il primo testo considerato: “How did a Housing First intervention improve health and social outcomes among homeless adults with mental illness in Toronto? Two-year outcomes from a randomized trial”, analizza l’impatto dell’approccio Housing First  nella città di Toronto attraverso uno studio randomizzato condotto su persone homeless che sono afferite al progetto At Home/Chez Sois.  197 soggetti sono stati identificati tra quelli con bisogni di salute più rilevanti e sono stati reclutati per due anni, dal 2009 al 2011, al fine di ricevere o trattamenti standard (Treatment As Usual, TAU) o, in alternativa, l’intervento di un team interdisciplinare che attua un Trattamento Assertivo di Comunità  (Housing First + Assertive Community Treatment team, HS+ACT), che prevede di mettere a disposizione una soluzione alloggiativa concreta, oltre a una valutazione sanitaria permanente, cure psichiatriche quotidiane, assistenza occupazionale, sostegno alla famiglia e all’educazione, disponibilità di servizi per l’uso di sostanze e supporto intensivo durante tutta la giornata e per tutta la settimana.

I risultati hanno mostrato che il gruppo HS+ACT, che ha trascorso un tempo più lungo in un alloggio stabile rispetto al TAU (73.6% vs 27.8%), ha avuto miglioramenti più significativi, sebbene non raggiungano il cut-off di p<0.05, per quanto riguarda la vita relazionale e vari aspetti della qualità di vita, misurata con il questionario di salute Euro Qol EQ5-D e con il Lehman Quality of Life durante i 24 mesi del periodo di follow up.

L’articolo di Stergiopoulos et al., non si allontana dai risultati di quello precedente ed evidenzia l’efficacia del trattamento di comunità assertivo (ACT) e dell’approccio Housing First per migliorare la stabilità abitativa e la salute mentale, ma anche per contrastare l’utilizzo di sostanze stupefacenti tra le persone senza dimora con patologie psichiche. Nello studio realizzato a Toronto, gli autori confrontano due modelli di cura e presa in cura di uomini senza dimora: integrated multidisciplinary collaborative care model (IMCC) e shifted outpatient collaborative care model (SOCC) in due strutture di accoglienza rivolte a tale gruppo di popolazione, tra il 2008 e il 2010. Il primo approccio (IMCC) prevede la presenza del medico psichiatra, o di operatori della salute mentale, integrati nel centro di accoglienza; il secondo approccio (SOCC) dà, invece, la priorità ai servizi territoriali sanitari, facilitando l’accesso alle cure primarie al di fuori della struttura alloggiativa, oltre a offrire tempestive consulenze psichiatriche in loco. I risultati dello studio comparativo mostrano che nel corso del periodo di follow-up ambedue gli approcci sono stati efficaci nel migliorare la vita relazionale di uomini senza dimora portatori di sofferenze mentali, inseriti nei centri di accoglienza, così come hanno contribuito alla riduzione di visite mediche urgenti e hanno, invece, incrementato il trattamento ambulatoriale nella comunità dopo 12 mesi. Tuttavia nello studio non è stata osservata nessuna significatività statistica per quanto riguarda il funzionamento sociale, la stabilità abitativa o l’utilizzo di assistenza sanitaria.
Il terzo articolo a firma di Somers et al., analizza e confronta dati auto-dichiarati da persone senza dimora con quelli provenienti da fonti amministrative, quali quelli riguardanti l’assistenza sanitaria, il reddito di assistenza e gli accessi ai penitenziari, su un gruppo di persone senza dimora di Vancouver con gravi problemi psichici. I risultati dimostrano la buona corrispondenza tra i dati rilevati e quelli dichiarati, evidenziando che le persone homeless e con importanti disturbi mentali possono partecipare attivamente alla produzione attendibile della conoscenza inerente l’uso del servizio pubblico. Mentre altri studi hanno dimostrato l’inadeguatezza dei dati sui servizi rilevati da persone senza dimora e alcoliste, a causa degli effetti dell’alcool sul sistema cognitivo, al contrario i risultati di questo lavoro mostrano l’affidabilità dei dati riguardanti la storia recente (5 mesi) e quella più lontana (5 anni) auto-dichiarati da persone senza dimora croniche con sofferenze psichiche, quali psicosi o disturbo bipolare.

Conclusioni
Gli articoli commentati evidenziano la capacità di trasformazione della vita sociale e di miglioramento dello stato di salute da parte delle persone senza dimora, in condizioni di grave cronicità e vulnerabilità socio-economica e psichica, quando sollecitate e sostenute da adeguati servizi sociali e sanitari. L’ultimo articolo mostra, inoltre, l’affidabilità di tali gruppi di popolazione, anche affetti da patologie psichiche, nel narrare dati inerenti la propria salute e l’accesso ai servizi. La stabilità abitativa attraverso l’approccio dell’Housing First e la presenza di team sanitari integrati e multidisciplinari in grado di attuare una presa in carico olistica, che spazia dal soddisfacimento di bisogni alloggiativi a quelli integrati di salute, costituiscono innegabilmente una leva efficace per il contrasto alle malattie della povertà e a situazioni estreme di iniquità socioeconomica.

Riferimenti bibliografici
O’Campo P., Stergiopoulos V., Nir P. et al. (2016) “How did a Housing First intervention improve health and social outcomes among homeless adults with mental illness in Toronto? Two-year outcomes from a randomized trial”, BMJ open, 6:1-11.
Somers J.M., Moniruzzaman A., Currie L., Rezansoff S.N., Russolillo A., Parpouchi M. (2016) “Accuracy of reported service use in a cohort of people who are chronically homeless and seriously mentally ill”, BMC Psychiatry, 16, 41:1-7.
Stergiopoulos V., Schuler A., Nisenbaum R., Ruiter de W., Guimond T., Wasylenki D., Hoch S.J., Hwang W.S., Rouleau K., Dewa C. (2015), “The effectiveness of an integrated collaborative care model vs. a shifted outpatient collaborative care model on community functioning, residential stability, and health service use among homeless adults with mental illness: a quasi-experimental study”, BMC Health Serv Res, 15, 348:1-12.

Riferimenti sitografici
Fio.PSD (2016) http://www.fiopsd.org/housing-first/(Consultato il 23 dicembre 2016).

Mental Health Commission of Canada (2016) http://www.mentalhealthcommission.ca/English/document/24376/national-homechez-soi-final-report (Consultato il 23 dicembre 2016).

Sistema Nazionale per le Linee Guida (SLNG) (2007) Gli interventi precoci nella schizofrenia, Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità (ISS) http://www.snlg-iss.it/cms/files/LG_schizofrenia.pdf (Consultato il 27 dicembre 2016).

Sintesi e commento a cura di Castaldo M., Petrelli A., Fortino A. dell’ Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (INMP)