Vai al contenuto

Disuguaglianze di salute

La SIMM, 30 anni + le epidemie: nuove disuguaglianze, nuove sfide

group of women sitting on chair while listening
Tempo di lettura: 5 minuti

«Una catena è forte quanto il suo anello più debole.»
— Una vita, 1969, Christiaan Neethling Barnard 

Il XVI congresso nazionale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, la SIMM: 30 anni + le epidemie, si è tenuto a Roma dal 19 al 21 ottobre 2022.

In apertura il professor Maurizio Ambrosini dell’Università degli studi di Milano ha tenuto una lectio magistralis sui luoghi comuni da superare in tema di immigrazione.
Si dice che l’immigrazione sta facendo registrare un aumento drammatico, fino a dover chiudere i porti, mentre è stazionaria sui 5.5 milioni di regolarmente presenti e 600.000 persone non regolarmente presenti. Si racconta che l’asilo è la ragione prevalente di regolarizzazione mentre è marginale e i motivi di lavoro e familiari sono quelli più frequenti.  Si pensa che gli immigrati siano soprattutto uomini musulmani di provenienza dall’Africa e Medio Oriente mentre si registra una lieve prevalenza di donne, sono soprattutto cristiani ed europei. Inoltre nella nostra mente c’è una doppia alterità ossia che essere stranieri corrisponda ad essere poveri così essere immigrato ha un significato svalutativo e minaccioso mentre l’accoglienza dovrebbe iniziare dallo sguardo e passare per i dati statistici e non dai pregiudizi e timori infondati.

Un’ampia sezione è stata dedicata alle disuguaglianze in epoca covid con i noti effetti d’impatto peggiore sulla popolazione immigrata ma anche con i grandi successi quali per esempio il diritto alla vaccinazione anche per i non regolari.

Il dottor Mario De Curtis ha parlato delle disuguaglianze a carico dei bambini migranti i quali fanno registrare differenze, rispetto ai bambini italiani, fin dalla nascita (maggior rischio di nascere pretermine, di basso peso per età gestazionale, per esempio). Solo l’83,7% dei bambini stranieri residenti in Italia frequenta la scuola dell’infanzia (contro il 96,3% dei bambini italiani) con una differenza di genere a discapito delle bambine. La scuola d’infanzia è il primo potente mezzo di inclusione e di integrazione, la scarsa frequenza dei bambini con cittadinanza non italiana è un’occasione mancata, a cominciare all’apprendimento della lingua e delle competenze relazionali che facilitano l’ingresso alla scuola primaria.
Nell’infanzia e adolescenza solo il 49% degli alunni stranieri nati all’estero viene inserito nella classe corrispondente alla propria età. E gli alunni stranieri vengono respinti con maggior frequenza di quelli italiani. Infine crescendo iniziano le difficoltà con l’acquisizione della cittadinanza (regolamentata dalla legge numero 91 del 5 febbraio 1992): acquistano di diritto la cittadinanza italiana, alla nascita, i bambini con uno o entrambi i genitori cittadini italiani (ius sanguinis) mentre i bambini nati in Italia da entrambi i genitori stranieri, possono divenire cittadini italiani quando uno dei genitori con cui vive ha ottenuto la cittadinanza. Se il minore è nato in Italia, ma da genitori che non hanno ottenuto la cittadinanza o se non è nato in Italia, ma residente senza interruzioni per 10 anni, una volta maggiorenne può presentare la domanda al Ministero degli Interni. Per l’accoglimento della domanda finalizzata ad ottenere la  cittadinanza per elezione trascorrono in media 2-3 anni durante i quali i ragazzi senza cittadinanza, pur godendo di diritti fondamentali come il diritto alla salute e all’istruzione, non hanno diritto al voto, non possono partecipare a concorsi pubblici, andare all’estero per motivi di studio, di lavoro, per competizioni sportive internazionali. Sarebbe opportuno favorire l’acquisizione della cittadinanza anche prima dei 18 anni per minori nati in Italia o all’estero, figli di genitori stranieri, che abbiano frequentato nel nostro paese un corso di istruzione primario e/o secondario presso istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione e che dimostrino una chiara volontà di integrarsi nella società italiana (ius culturae, ius scolae) favorendo il processo di integrazione.

Il gruppo di lavoro sulla salute delle donne migranti ha ribadito che i processi migratori non sono neutri poiché essere donna pone differenze, rischi ed opportunità in ogni fase dell’esperienza migratoria e spesso l’uso del corpo delle donne diventa terreno di inauditi e ripetuti abusi, con ferite che non scompaiono mai.

Per quanto riguarda la salute mentale è stato illustrato come, in particolare nel caso dello stress post traumatico, in epoca covid si siano registrati due fenomeni opposti. Infatti  c’è chi ha dichiarato di essersi sentito un po’ meglio  perché passa da un’angoscia strettamente personale non condivisibile a un’ apprensione generale nella popolazione (la possibilità di condivisione delle emozioni spiacevoli è stata vissuta con sollievo) e c’è chi è peggiorato per riacutizzazione secondaria, per esempio “col covid respiravo male e mi ha ricordato le sensazioni di soffocamento quando siamo naufragati” oppure “ci hanno chiuso nel centro di accoglienza, non potevamo uscire e mi ha ricordato il carcere in Libia” oppure “ ero rinchiuso al centro di accoglienza c’erano degli ospiti arabi, prima uscivo e li evitavo, ma in questo periodo di covid non era possibile, sentirli parlare arabo mi ha fatto star male perché chi mi ha catturate e chi mi ha torturato in Libia parlava arabo”.

Altro tema particolarmente delicato riguarda rifugiati e richiedenti asilo affetti da disabilità che affrontano forme multiple discriminazioni, hanno esiti peggiori in termini di salute e incontrano maggiori difficoltà nell’accedere a livelli superiori di istruzione e al mercato di lavoro.

Si è parlato di immigrati in condizione di limitazione delle libertà personali. Al momento in Italia il 32% delle persone detenute è rappresentato da migranti anche se si stanno riducendo sia la percentuale di stranieri sul totale che il tasso di detenzione sulla popolazione generale; tra i reclusi i più anziani sono italiani, i più giovani sono stranieri. Vi sono poi i migranti in condizione di detenzione amministrativa nel centri per il rimpatrio, in questo caso i report dei sopralluoghi hanno evidenziato varie criticità: gestione sanitaria regolata da un contratto di appalto con l’ente gestore, sistema di valutazione dell’idoneità alla vita in comunità ristretta con certificati rilasciati senza reali valutazione del problematiche di salute, problemi di salute mentale, presenza di persone affette da patologie croniche,  presenza di tossicodipendenti, mancanza di protocolli sanitari definitivi e condivisi, sistema poco chiaro di approvvigionamento e distribuzione dei farmaci, scarse condizioni igienico sanitarie delle strutture, scarse informazioni fornite ai trattenuti circa motivazione e durata della detenzione, procedura di rimpatrio e tutela dei diritti, scarsa conoscenza delle problematiche di ordine sociale e sanitario da parte dell’autorità giudiziaria.

Salvatore Geraci (CARITAS) ha parlato di advocacy, la quale può essere intraistituzionale, propositiva (agire sul margine sociale), organizzativa (includere il più possibile in situazioni ordinarie gli emarginati), ostativa (cioè contro per esempio i medici spia).

Infine ampio spazio è stato dedicato alla rete, in particolare quella messa in campo dai veri Gruppi Immigrazione Salute (GrIS) che  sono le unità territoriali della SIMM e che hanno individuato come percorsi di miglioramento l’impegno a produrre delle evidenze per supportare le azioni di advocacy anche con una formazione continua;   essere presenti nei tavoli e nelle reti con la consapevolezza di poter coprogettare e contrattare con competenze responsabilità e pretendere pari dignità di tutti i componenti; avere il coraggio di fare emergere le contraddizioni e le rigidità istituzionali, anche promuovere anche promuovere il dialogo e costruire alleanze strategie che individuano interlocutori chiave; aver cura che ogni intervento pur se in contesti locali, rifletta competenze, esperienza ed evidenze nazionali che a sua volta contribuisce ad alimentare; valorizzare le buone pratiche proprie e altrui, le alleanze possibili e farsi catalizzatori di processi di equità e di promozione dei diritti da quella necessità di prendersi cura della rete interna al gres e alla SIM alcuni strumenti utili possono essere uno la rigenerazione coraggiosa e fluida di persone, relazioni, temi, modalità di partecipazione, coordinamento; rigenerazione coraggiosa e fluida di persone, relazioni, temi, modalità di partecipazione, coordinamento; apertura a diverse competenze e riconoscimento e valorizzazione delle diversità territoriali; rafforzamento di strategie comunicative e di strumenti di partecipazione; creazione di relazioni a partire da l’operatività comune e condivisa .

Per approfondimenti e ulteriori informazioni Home – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (simmweb.it)


A cura di Luisa Mondo, Servizio di Epidemiologia ASL TO3, luisa.mondo@epi.piemonte.it