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Disuguaglianze di salute

La popolazione della città di Torino si sta mal-adattando agli eventi di temperatura estrema di caldo, ma anche di freddo

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I rischi per la salute dovuti alle variazioni di temperatura in conseguenza del cambiamento climatico indotto dall’uomo, dalla crescita dell’urbanizzazione e dall’influenza dei determinanti sociali, sono una delle principali preoccupazioni dei responsabili delle politiche di salute pubblica e degli scienziati. Gli impatti negativi sulla salute legati all’aumento della frequenza, dell’intensità e della durata degli eventi meteorologici estremi stanno esacerbando le condizioni di salute, portando a un aumento generale della mortalità e della morbilità.

Entro il 2050, con un riscaldamento globale di 1,5°C, la popolazione esposta al caldo mortale nelle città più popolose del mondo è stimata in circa 350 milioni, considerando uno scenario di crescita demografica intermedio. Si prevede che le temperature estreme più elevate si verificheranno nella regione mediterranea.

In questo contesto, l’Italia detiene già oggi il primato degli effetti legati al calore sulla mortalità giornaliera. I cittadini italiani sono infatti più sensibili alle condizioni di disagio dovute a eventi estremi rispetto ad altri Paesi. In questo contesto, le città sono considerate degli “hotspot”, sia per la densità abitativa, sia per la quantità di superfici artificiali che le caratterizza. Tuttavia, esistono differenze spaziali tra e all’interno delle aree urbane italiane dovute a variabili fisiche (come la copertura del suolo urbano) e alla distribuzione spaziale delle disuguaglianze sociali (come menzionato in un precedente studio: Ellena et al., 2020a).

Questo studio ha preso avvio, pertanto, tenendo in considerazione che gli impatti del cambiamento climatico e del riscaldamento globale sono già riscontrabili, ma in una ottica di medio e lungo termine tali impatti potrebbero aggravarsi ulteriormente. Infatti, in Italia, in particolare in prossimità delle regioni alpine, si prevede un aumento delle temperature fino a 2°C nel periodo 2021-2050 e fino a 5°C entro il 2100 (rispetto al 1981-2010) secondo lo scenario emissivo più pessimista (i.e., RCP 8.5).

In questo contesto, è necessario determinare quanto prima CHI è vulnerabile e DOVE è localizzato all’interno delle città, così da intraprendere delle misure di adattamento mirate ed efficaci al fine di ridurre i rischi della popolazione torinese. Ad oggi, si sa poco sulla variazione temporale dell’associazione temperatura-mortalità tra diversi gruppi demografici e socioeconomici e questo studio permette di definire con più precisione quali metodologie applicare e, più in generale, come analizzare il problema. Infatti, lo scopo di questo lavoro è stato quello di indagare le tendenze del rischio e del carico di mortalità attribuibile al freddo e al caldo estremo nella città di Torino (Italia).


Sono state raccolte serie temporali giornaliere di conteggi di mortalità (per categorie demografiche, sociali ed economiche) e di temperatura media dal 1° gennaio 1982 al 31 dicembre 2018 nella città di Torino, la più grande area urbana del nord-ovest dell’Italia. Le analisi statistiche sono state svolte in 2 step. In primo luogo, abbiamo eseguito un modello lineare generalizzato a serie temporali con regressione di quasi Poisson standard per ricavare le stime delle associazioni temperatura-mortalità per sottogruppi di popolazione e sottoinsiemi di dati di periodi mobili di 25 anni, riassunti come valori RR.

I sottoperiodi analizzati sono stati 1982-2006, 1983-2007 e così via, fino al 1994-2018. Successivamente, per indagare la complessa dipendenza non lineare e l’effetto ritardato tra temperature estreme e mortalità (chiamato harvesting), è stato inserito un modello non lineare a ritardo distribuito (i.e., Distributed Lag Non-Linear Model, DLNM) attraverso la definizione di una funzione cross-base, ottenuta dalla combinazione di due funzioni che descrivono rispettivamente l’associazione esposizione-risposta e l’associazione ritardo-risposta per un dato intervallo di tempo.


Il set di dati comprendeva 364.755 persone decedute per un periodo di 37 anni, dal 1° gennaio 1982 al 31 dicembre 2018. Le analisi e i risultati presentati sono stati stratificati per sesso, età, istruzione, stato civile e condizioni abitative (numero di persone). I risultati sono stati prodotti tramite stime di rischio relativo e mortalità attribuibile al calore e al freddo (estremo).

Nel complesso, questi risultati suggeriscono che gli effetti del freddo e del caldo variano in modo diverso a seconda dei sottoperiodi e dei sottogruppi.

Infatti, le analisi hanno dimostrato come – nonostante il sottoperiodo considerato – le donne siano caratterizzate da rischi maggiori in condizioni di caldo e freddo rispetto agli uomini. Una considerazione analoga può essere fatta per gli anziani rispetto al sottogruppo più giovane considerato nello studio, i quali, tuttavia, hanno mostrato una leggera tendenza decrescente nei rischi.

Questo risultato potrebbe anche essere legato al fatto che la maggior parte della popolazione sopra gli 85 anni di età è composta da donne, che in Italia hanno un’aspettativa di vita più lunga. Più difficili da interpretare sono le tendenze del rischio legate all’istruzione, poiché – nonostante l’aumento del rischio – i più istruiti sono risultati più vulnerabili in condizioni di caldo, mentre i meno istruiti sono risultati più vulnerabili a temperature fredde.

Infine, come già riscontrato in un precedente studio su Torino condotto dagli autori (Ellena et al., 2020a), gli individui che vivono in condizioni di isolamento (ad esempio, i vedovi) sono caratterizzati da un rischio più elevato, con una vulnerabilità crescente nel tempo.


Guardando la letteratura scientifica odierna, questo è il primo studio in cui viene analizzata l’evoluzione dell’impatto della temperatura sulla mortalità tra la popolazione suddivisa per sesso, età, istruzione, stato civile e condizioni abitative.

 I risultati di questo studio hanno – secondo gli autori – contribuito a comprendere in modo esaustivo le tendenze generali della temperatura e della mortalità in un contesto urbano come la città di Torino, riportando l’evoluzione dei rischi in relazione alle disuguaglianze sociali negli ultimi decenni, in condizioni di freddo e di caldo. Si è evidenziata una tendenza all’aumento della mortalità che non è stata riscontrata in altre indagini su aree urbane italiane, il che denota un mal-adattamento agli eventi di temperatura estrema legati al cambiamento climatico.


Capire come le popolazioni urbane si siano adattate localmente al freddo e al caldo in ogni specifico contesto urbano negli ultimi decenni è importante per determinare la pianificazione urbana futura. Dopo l’ondata di calore del 2003 in Europa, è stato dimostrato che le conseguenze sulla salute possono essere evitate o parzialmente ridotte attraverso l’attivazione di sistemi di allarme locali, come i piani nazionali per il caldo o i piani sanitari stagionali invernali. Sebbene questi sistemi di allerta aumentino la consapevolezza pubblica e migliorino l’efficienza dei servizi sanitari esistenti, non prevengono necessariamente i rischi in modo omogeneo. Risposte adeguate in materia di salute pubblica dovrebbero infatti prendere in considerazione il contesto locale, considerando i rischi di mortalità osservati tra le diverse categorie socioeconomiche, come il sesso (donne vs. uomini), l’età (giovani vs. anziani) e lo stato socio-economico (ad esempio, il livello di istruzione o le condizioni di stato civile.


Questo lavoro si inserisce all’interno di un percorso di Dottorato in Scienza e Gestione dei Cambiamenti Climatici (Università Ca’Foscari di Venezia), condotto dalla Dott.ssa Ellena.

A cura di Marta Ellena, Euro-Mediterranean Center on Climate Change marta.ellena@cmcc.it | marta.ellena@unive.it 

Accedi all’abstract dell’articolo “Ellena M, Ballester J, Costa G, Achebak H. Evolution of temperature-attributable mortality trends looking at social inequalities: An observational case study of urban maladaptation to cold and heat. Environ Res. 2022 Nov;214(Pt 3):114082. doi: 10.1016/j.envres.2022.114082. 

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