Un recente studio pubblicato sulla rivista Oncotarget, cui hanno partecipato numerosi ricercatori italiani, mette in luce la persistenza di differenze socioeconomiche nell’offerta di un’assistenza qualificata ed efficace nel trattamento del tumore della mammella.
Lo studio di Di Salvo et al, ha esaminato il ruolo dello stato socioeconomico tra le donne italiane con un tumore della mammella sul rischio di recidiva o progressione di malattia a 5 anni dalla diagnosi e sull’adesione alle linee guida standard per il trattamento del tumore.
Sono stati esaminati più di 3000 casi diagnosticati nel periodo 2003-2005 in 7 Registri Tumori italiani (Modena, Romagna, Umbria, Napoli, Palermo, Ragusa e Trapani), suddivisi in 3 classi di status socio-economico in base all’indice di deprivazione della sezione di censimento di residenza, e sono stati analizzati per classe di età e stato dei recettori ormonali, per tener conto del fatto che i tumori ormono-negativi sono più aggressivi e hanno una prognosi peggiore di quelli ormono-positivi.
I risultati non mostrano differenze sociali nel rischio di recidive a 5 anni tra le donne con più di 64 anni e tra quelle con tumore ormono-negativo : queste donne hanno di per sé un rischio di recidive più alto, a causa del tipo di tumore più aggressivo, che non appare influenzato dallo stato socioeconomico.
Viceversa, si osservano le differenze sociali maggiori nei casi in cui la prognosi potrebbe essere più favorevole. Infatti, le donne più giovani di livello socioeconomico più basso hanno un rischio più alto (ma non statisticamente significativo) rispetto alle più benestanti di pari età (rischio a 5 anni pari al 16.4% vs. 12.9%); e tra le donne con tumore ormono-positivo il rischio delle più deprivate è del 13% contro il 9% delle donne meno svantaggiate.
Inoltre, le donne più deprivate hanno una probabilità di ricevere due procedure che seguono le linee guida standard, quali la biopsia del linfonodo sentinella e la chirurgia conservativa seguita da radioterapia, rispettivamente del 31% e del 34% inferiore a quella delle donne meno deprivate. Questo risultato potrebbe essere mediato dal fatto che tali procedure sono solitamente offerte dai centri maggiormente specializzati, meno accessibili alle donne più deprivate che non possono affrontare i costi legati agli spostamenti necessari per raggiungere tali centri.
Lo studio mette dunque in luce la persistenza di differenze socioeconomiche nell’offerta di un’assistenza qualificata ed efficace, che dovrebbero essere affrontate da opportune azioni di contrasto.
Un interessante risultato collaterale del lavoro è che le donne di basso stato socioeconomico hanno una maggiore probabilità di essere diagnosticate ad uno stadio avanzato del tumore solo nel gruppo di età inferiore ai 50 anni, a supporto dell’ipotesi che il programma di screening organizzato (che ha come target le donne tra i 50 e i 69 anni) possa aver contribuito alla riduzione delle differenze sociali nella diagnosi precoce del tumore dopo i 50 anni.
L’articolo è accessibile e scaricabile a testo intero
Di Salvo F, Caranci N, Spadea T, Zengarini N, Minicozzi P, Amash H, Fusco M, Stracci F, Falcini F, Cirilli C, Candela G, Cusimano R, TuminoT, e Milena Sant for the Socioeconomic Inequalities and Oncological Outcomes Italian Working Group*. Socioeconomic deprivation worsens the outcomes of Italian women with hormone receptor-positive breast cancer and decreases the possibility of receiving standard care. Oncotarget. 2017; 8:68402-68414
Sintesi e commento a cura di Teresa Spadea, Servizio Sovrazonale di Epidemiologia ASL TO3, Regione Piemonte