Efua, è una donna del Ghana, di circa 35 anni, anche lei segnalata dai servizi sociali, dopo le dimissioni da un ospedale di Torino, dove era andata a partorire, aveva contratto il virus del covid, anche senza manifestare dei sintomi.
Con lei ho sempre soltanto parlato per telefono. Dopo il parto e una fase di permanenza in ospedale, era tornata a casa senza la bambina, che era rimasta ricoverata per controlli.
Al momento delle dimissioni la mamma non aveva copertura sanitaria, essendo clandestina. Aveva solo la tessera ISI (Informazione Salute Immigrati), quella per accedere allo sportello sanitario per persone senza premesso di soggiorno. Al momento delle dimissioni le era stata prescritta una terapia, compresa l’eparina per prevenire problemi circolatori, così siamo riusciti a contattare una sua parente e, tramite la farmacia dell’Associazione, farle avere i farmaci necessari. In questo modo abbiamo gestito una situazione che lei, da sola, non sarebbe stata assolutamente in grado di affrontare.
Dalle informazioni che ho ricavato, anche da questa parente, so che ha un’altra bambina di due anni ed ha avuto un bimbo che è morto quando aveva quattro anni, in condizioni molto problematiche, tanto che era stato coinvolto anche il tribunale dei minorenni. Questo però è un argomento che non ho mai potuto approfondire, perché appena inizia a parlarne, si mette a piangere.
Attualmente vive con il marito, ma la situazione familiare è molto complicata: anche se lei è qui in Italia da più di quattro anni, parla pochissimo l’italiano.
Le condizioni igieniche in casa sembrano molto precarie e anche le risorse culturali sono molto limitate, vivono nel quartiere Aurora, un’area a forte densità di popolazione immigrata. Adesso sia lei che il bambino sono fuori pericolo, il figlio sta crescendo bene ed è seguito dalla pediatri.
Street journalist: Niky
NB. I nomi propri di mamme e bambini sono di fantasia, ma originari dei paesi di provenienza.