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Disuguaglianze di salute

Passaporto vaccinale: problemi di equità ed accesso

Tempo di lettura: 3 minuti

Si è accesso il dibattito sul passaporto vaccinale e le conseguenze che ne possano derivare riguardo l’accesso, l’equità e gli aspetti etici. In alcuni paesi come ad esempio Israele che ha somministrato la prima dose del vaccino a metà della popolazione è già presente il passaporto verde che permette alle persone vaccinate di viaggiare e frequentare teatri, palestre, ristoranti.

Negli Stati Uniti, il Centre for Disease and Control ha emanato linee guida che consentono alle persone vaccinate di socializzare senza uso di mascherine anche in luoghi chiusi e ha revocato la quarantena per chi torna dai viaggi.

Il passaporto vaccinale non è una novità, l’OMS richiede già un certificato vaccinale per chi deve recarsi in paesi in cui alcune infezioni sono endemiche, come ad esempio la febbre gialla.

L’Unione Europea sta valutando la questione, Gran Bretagna, Australia, Danimarca e Svezia sono già in fase avanzata per l’attuazione.

Il principio di salute pubblica della minima violazione afferma che per raggiungere un obiettivo di salute pubblica, i responsabili politici dovrebbero implementare l’opzione che pregiudica meno le libertà individuali. Può quindi non essere etico continuare a negare libertà a chi è immune e, secondo gli ultimi dati disponibili, ha un rischio di diffusione dell’infezione molto basso.

Effetti positivi

Gli effetti positivi sono costituiti essenzialmente dalla possibilità di dare sostegno ad alcuni settori economici ampiamente danneggiati dalla pandemia, come il turismo, la ristorazione, le attività ricreative e sportive, la vendita e produzione di beni non essenziali.

Un ulteriore aspetto da considerare è la possibilità che, di fronte a tali incentivi, aumenti l’adesione alla campagna vaccinale.

Accesso ed equità

Le quantità di vaccini sono ancora scarse e poco disponibili per gran parte dei paesi poveri, spesso le classi più svantaggiate, le persone con patologie e le minoranze etniche hanno più difficoltà ad accedere alla vaccinazione.

In questo caso il passaporto vaccinale per praticare attività essenziali come il lavoro e la scuola potrebbe comportare un aumento delle iniquità.

Potrebbero anche esacerbarsi discriminazioni nei confronti di gruppi di persone che per credo morale o religioso siano contrari alla vaccinazione.

Immunità e rischio di diffusione dell’infezione

I dati che arrivano dai paesi come la Gran  Bretagna, gli Stati Uniti e Israele sembrano confermare  che le persone vaccinate, oltre a non ammalarsi abbiano anche un rischio basso di contrarre l’infezione da Sars Cov 2 e di trasmetterla.

Un recente studio condotto negli Stati Uniti tra il personale sanitario ad alto rischio di infezione, ha riscontrato un’efficacia dei due vaccini Pfizer e Moderna del 90% dopo la somministrazione delle due dosi e dell’80% dopo la prima, nel prevenire il rischio di infezione. I dati sono simili a quelli riscontrati nei due studi realizzati in Gran Bretagna e Israele.

Dati confortanti che hanno tuttavia bisogno di conferme e dovranno essere disponibili anche per gli altri vaccini in fase di approvazione.

L’altro aspetto importante da considerare è il periodo di immunità garantito dai vaccini ad oggi disponibili e l’affacciarsi di nuove varianti del virus che potrebbero sfuggire al vaccino, anche in questo caso occorre una gestione flessibile del passaporto vaccinale che si adegui alle nuove conoscenze scientifiche.

Accesso ai dati personali

Un aspetto non secondario è quello di come rendere praticabile una certificazione vaccinale che garantisca protezione dei dati personali, eviti falsificazioni e truffe e sia facilmente accessibile. Requisiti che si possono ottenere attraverso passaporti digitali che potrebbero comportare problemi per quelle fasce di popolazione che non hanno accesso a internet  o siano in possesso di una smartphone.

In conclusione

Occorre considerare che il settore privato ha un elevato interesse a promuovere l’emissione di un tale passaporto che ha, tuttavia, bisogno di un governo pubblico per non esacerbare ulteriormente disuguaglianze nell’accesso ai servizi.

E’ indubbio che l’accelerazione della campagna vaccinale verso le fasce a maggior rischio  per la salute e con maggior svantaggio sociale potrebbe  sanare, almeno in parte, il gap tra i diversi gruppi sociali.

Gli autori dell’editoriale “Covid-19 vaccine passports: access, equity, and ethics”, uscito  lo scorso  aprile sul Bmj concludono scrivendo che, sebbene i meriti dei passaporti per i vaccini possano essere innegabili, l’attuazione richiederà giustificazioni etiche e soluzioni pratiche che non discriminino i poveri, i meno istruiti tecnicamente e le persone dei paesi a reddito medio e basso. Senza strategie di mitigazione e soluzioni alternative, le difficoltà vissute dai gruppi emarginati e vulnerabili saranno intensificate attraverso la perpetuazione della discriminazione. Se devono essere implementati, i vantaggi dei passaporti per i vaccini non dovrebbero essere dispersi in modo diseguale e le società a livello globale devono sforzarsi di garantire che siano disponibili per tutti.

Bibliografia

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A cura di Luisella Gilardi, DoRS  – Centro di Documentazione per la Promozione della Salute, ASL TO3, Regione Piemonte, luisella.gilardi@dors.it