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Disuguaglianze di salute

La salute delle persone detenute nel carcere “Lorusso Cutugno” di Torino

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Intervista a Monica Cristina Gallo, Garante dei diritti delle persone  private della libertà personale del Comune di Torino

Nel mese di luglio al Lorusso Cutugno di Torino ci sono state numerose proteste da parte dei detenuti per le condizioni (ancora più critiche nel periodo estivo) delle carceri, una delle cause è riconducibile al sovraffollamento. Ci può parlare di questa situazione e di come incide sullo stato di salute dei detenuti?

    La situazione delle carceri italiane degli ultimi anni è quella di un costante sovraffollamento. Secondo i dati, consultabili sul sito del Ministero della Giustizia, al 31 luglio 2024 sono presenti 61.133 persone detenute nelle carceri, al fronte di una capienza regolamentare complessiva di 51.207 posti. Il tasso attuale di sovraffollamento, pertanto, si attesta a circa il 120%.

    La situazione della Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino non fa eccezione rispetto allo scenario nazionale. Il carcere di Torino è uno degli istituti più complessi d’Italia, e la situazione relativa al sovraffollamento risulta, perciò, ancora peggiore rispetto al dato nazionale.

    Le persone detenute presenti presso la CC Lorusso e Cutugno di Torino, al 31 luglio 2024, erano 1494, al fronte di una capienza regolamentare inferiore a 1000 posti. Il carcere della nostro città, da molto tempo, si trova a convivere con un sovraffollamento del  135%.

    La condizione strutturale e perpetua di sovraffollamento nelle carceri ha una serie di riflessi negativi che comprendono tutti gli aspetti della vita detentiva. In particolar modo, la situazione ha un rilevante peso nell’efficacia delle attività trattamentali e nel rispetto del diritto alla salute ex. 32 della Costituzione.

    Un numero così alto di persone detenute, unito alla scarsità di personale medico operante all’interno del carcere, causa inevitabilmente la mancata garanzia del diritto alla salute all’interno del carcere. Una parte considerevole delle lamentele raccolte da parte del nostro Ufficio nello svolgimento dei colloqui (circa l’80%) con le persone detenute riguarda, infatti, proprio la condizione sanitaria. In particolare, si riscontrano problemi legati alle cure, all’acquisto dei farmaci, alle relazioni con il personale medico ed infermieristico ed alle problematiche relative ad effettuare esami diagnostici all’esterno.

    Paradossale risulta essere il fatto che, nella nostra esperienza quotidiana, abbiamo rilevato la presenza di numerose persone detenute trasferite presso il carcere di Torino per motivi sanitari, in quanto sono presenti sezioni con personale medico specializzato, ma che vedono spesso la loro condizioni di salute peggiorare proprio perché vengono inseriti in contesto sovraffollato in cui risulta difficile garantire l’effettività del diritto ex 32 Cost.


    Si è osservato, nel carcere Lorusso Cutugno di Torino, un aumento della spesa per psicofarmaci dal 2018 al 2022 del 74%. Può descriverci le cause di questo aumento?

    Su questo argomento, segnaliamo l’inchiesta del giornalista Luca Rondi, pubblicata nel Gennaio 2024 su Altraeconomia, e di cui condividiamo le analisi. Attraverso i dati preoccupanti evidenziati nel puntuale lavoro di approfondimento, è possibile, senza dubbio, sostenere come questo aumento della spesa in psicofarmaci sia legato anche ad una politica di controllo della popolazione detenuta, sempre più in crescita e di conseguenza di maggiore difficoltà di gestione. Naturalmente, ciò evidenzia come il carcere e la vita al suo interno non tendano alla rieducazione del condannato, come sostenuto nell’art. 27 della Costituzione, ma, in queste condizioni divenga uno strumento di controllo, legato in particolar modo alle situazioni di marginalità sociale.

    Un’altra motivazione, dunque, risiede nell’analisi della popolazione attualmente detenuta, e degli effetti sulla salute mentale della detenzione nelle carceri. Infatti, sempre più frequenti, anche nelle rilevazioni del nostro ufficio, sono le persone detenute che soffrono di patologie psichiatriche conclamate, tra cui alcuni, sono in attesa di collocamento presso le REMS. Vi sono poi, i casi di persone detenute che maturano problematiche di tipo psichiatrico nel corso della detenzione, e in questo caso, bisogna far riferimento alla situazione generale del carcere, e ancor di più di quello di Torino, che appare sempre più inadeguato dal punto di vista strutturale, per poter far scontare alla popolazione detenuta una pena che non sia inumana e degradante.


    In data 30 luglio i suicidi in carcere dall’inizio dell’anno 2024 sono stati 61 (di cui 2 al penitenziario di Torino “Lorusso Cutugno”). Quali sono, a suo avviso, le cause e come si può agire per prevenire?

    Nel corso di quest’anno, come Ufficio Garante, a seguito dell’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, abbiamo organizzato in questi mesi una serie di eventi sull’emergenza suicidi nelle carceri, raccogliendo una serie di proposte di intervento sul tema, maturate nel corso degli incontri dai relatori e da tutti gli enti promotori delle diverse iniziative.

    Anche alla luce di questa analisi svolta, possiamo dire che le cause dei suicidi in carcere sono molteplici.

    Tra queste possiamo evidenziare l’inadeguata accoglienza all’interno del circuito detentivo dei c.d. nuovi giunti, la scarsità della proposta trattamentale, la mancata garanzia del diritto all’affettività in carcere, le condizioni inumane e degradanti degli istituti penitenziari, il sovraffollamento sempre più crescente, la gestione totalmente inadeguata degli eventi critici da parte degli operatori non opportunamente formati, la mancanza di prospettive all’esterno una volta usciti dal carcere.

    Per quanto riguarda la prevenzione di questo fenomeno, è necessaria, una formazione idonea per tutti gli operatori penitenziari, un incremento del numero di educatori e di magistrati di sorveglianza che possano seguire al meglio le situazioni delle persone detenute per un trattamento penitenziario più individualizzato e che risponda ai bisogni del singolo soggetto. È necessario, inoltre, garantire il diritto all’affettività, aumentando quindi il numero di telefonate e visite dei familiari e parenti delle persone detenute.

    Bisogna dunque dare un senso alle giornate di detenzione, affinché il tempo passato all’interno del carcere non sia un tempo vuoto.

    Sosteniamo, inoltre, tutti i progetti di legge volti alla decarcerizzazione e depenalizzazione per ridurre il sovraffollamento. In particolar modo, sarebbe opportuno in questa situazione ricorrere all’utilizzo dei c.d provvedimenti di clemenza costituzionalmente garantiti, come l’amnistia e l’indulto.


    E come influisce l’esperienza detentiva sulle traiettorie di salute mentale e fisica delle persone prima, durante e dopo la reclusione?

    Nella situazione attuale del carcere, l’esperienza detentiva è peggiorativa sia dal punto di vista della salute fisica che da quello della salute mentale. Come anche detto in precedenza, il nostro Ufficio nel corso dei colloqui in carcere, ha rilevato numerose lamentele delle condizioni sanitarie, soprattutto fisiche da parte delle persone detenute. È possibile pertanto sostenere che l’esperienza detentiva, soprattutto se per lungo tempo, all’interno di luogo degradato dal punto di vista strutturale, sovraffollato, chiuso per gran parte della giornata e in cui non si è adeguatamente curati, sia deleteria sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista della salute mentale.

    Analizzando la traiettoria di salute, soprattutto mentale prima durante e dopo la reclusione: la popolazione detenuta è costituita da persone che vivono situazione di marginalità sociale, per cui appena entrati all’interno dell’esperienza detentiva una buona parte di questa, soffre di patologie fisiche e mentali, che per via della propria condizione economico-sociale non sono state curate adeguatamente in precedenza; nel corso dell’esperienza detentiva, le condizioni suddette del carcere acuiscono spesso ulteriormente le problematiche sanitarie; dopo la reclusione si avrà una condizione di peggiore stato di salute fisica e mentale, unita ad conseguente stigmatizzazione sociale propria degli ex detenuti, per cui sarà frequente la recidiva, soprattutto dove non via sia l’adeguato sostegno sociale da parte della comunità e degli enti territoriali di riferimento.


    È garantito il diritto alla salute in carcere? In che modo la sanità pubblica può incidere sulla relazione tra salute e reclusione?

    Visto quanto detto in precedenza, possiamo certamente sostenere che il diritto alla salute in carcere non sia adeguatamente garantito.

    Per quanto concerne la relazione tra la sanità pubblica e la reclusione, la questione è complessa. Il Decreto Legislativo n. 230/1999 ha trasferito la competenza sanitaria in ambito penitenziario dal Ministero della Giustizia al SSN, integrando così la sanità penitenziaria nel sistema sanitario pubblico. Questo è da considerare un passo avanti nella tutela del diritto alla salute in carcere, perché ha garantito, quantomeno formalmente, un allargamento nell’accesso al diritto alla salute, con la conseguente omogeneità di cure e di trattamenti sanitari tra le persone dentro e fuori dagli istituti detentivi. Tuttavia, negli ultimi anni il ridimensionamento delle risorse, sia umane che economiche, destinate al SSN, ha portato all’interno degli istituti penitenziari, una condizione forse peggiorativa rispetto al periodo precedente al trasferimento della competenza al Ministero della Salute.

    Per la garanzia del diritto alla salute è necessario, dunque, un incremento delle risorse umane e economiche destinate al servizio sanitario nazionale, e specificamente alla sanità penitenziaria, attraverso una collaborazione inter istituzionale tra il sistema sanitario pubblico e il sistema penitenziario per garantire che le persone detenute possano ricevere cure adeguate in tutto il corso della detenzione.

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