In un tempo nemmeno troppo lontano i bambini si mandavano in castigo spedendoli in camera, spesso senza cena, a riflettere su quello che avevano fatto e a soffrire per sentirsi esclusi dalla vita familiare. La punizione si è trasformata in una scelta per moltissimi giovani.
Hikikomori è il termine giapponese per indicare chi “sta in disparte” e viene utilizzato per riferirsi a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale, per periodi che possono variare da alcuni mesi ad anni, rinchiudendosi nella propria abitazione, spesso in una sola stanza, senza aver contatti diretti con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri familiari.
Il concetto di Hikikomori è stato descritto e osservato primariamente in Giappone dove, dalla fine degli anni ’90, rappresentava un grave problema psico-sociale. La definizione è in vigore dal 1998 quando lo psichiatra giapponese Tamaki Saito scelse il termine per descrivere i giovani che versavano in uno stato di estremo ed angosciante isolamento.
La ricerca sociologica su questo argomento è iniziata negli anni 2000 e nel 2010 la parola “Hikikomori” è stata introdotta nell’Oxford English Dictionary. Da allora, questo concetto è stato sempre più menzionato nella letteratura psichiatrica e l’Hikikomori è stato segnalato anche in altri Paesi, tra cui Hong Kong, Oman, Spagna, Francia, Brasile, Cina, India, Corea, Stati Uniti, Canada e Italia.
L’isolamento totale e prolungato è l’ultima fase di un processo graduale: si tratta di giovani che percepiscono di provare malessere quando si relazionano con altre persone, trovando maggiore sollievo nella solitudine. Tuttavia provano a mantenere delle attività sociali che richiedono un contatto diretto con il mondo esterno, anche se iniziano fenomeni quali il rifiuto saltuario di andare a scuola, l’abbandono di le attività che implicano un contatto diretto con il mondo esterno, una graduale inversione del ritmo sonno-veglia e la preferenza per attività solitarie (videogiochi, serie TV, disegno, lettura, scrittura). Questo contesto rasserena e iniziano a rifiutare le proposte di uscita degli amici, abbandonano la scuola, invertono il ritmo sonno-veglia, stano sempre più isolati. E il senso di pace e sicurezza aumenta fino ad allontanarsi dalla famiglia, dai pari, dagli impegni, dalla vita reale.
Nel solo Giappone, le indagini ufficiali condotte finora dal governo hanno identificato circa un milione di persone di casi (almeno l’1,2% della popolazione), mentre si stima che in Italia siano 54 mila i giovani potenzialmente colpiti da questo fenomeno.
Si tratta di un fenomeno multifattoriale, che nasce da una combinazione di fattori individuali, familiari e sociali. L’età di esordio è tipicamente durante l’adolescenza o la prima età adulta. Tuttavia, la comparsa dopo la terza decade di vita non è raro e può riguardare casalinghe e anziani.
Riguarda soprattutto i giovani dai 14 ai 30 anni, principalmente maschi(tra il 70% e il 90%), anche se il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato confondendo la tendenza all’isolamento con motivi culturali o di riservatezza.
Lo studio ESPAD®Italia
Lo studio ESPAD®Italia ha evidenzitao, tra i fattori associati positivamente a questo fenomeno il genere maschile, l’essere vittima di cyberbullismo, l’avere un utilizzo di Internet a rischio e lo scarso coinvolgimento sociale, sia in termini di scarso interesse verso il frequentare qualcuno sia di rade uscite dalla propria abitazione e con gli amici. Le ubriacature nell’ultimo anno risultano negativamente associate all’essere stato pre-Hikikomori e positivamente allo stato di Hikikomori.
Sebbene desiderino che la società li dimentichi, osservano passivamente il mondo tramite giochi online e social media in una forma di “morte sociale”.
Spesso sono persone molto intelligenti, hanno un carattere introverso e introspettivo e sono sensibili, inibiti socialmente e si convincono di stare meglio da soli, lontani da tutti. L’isolamento prolungato aumenta il rischio dello sviluppo di uno stato depressivo, la comorbidità con disturbi depressivi e ansiosi può portare a sviluppare una tendenza autolesionistica; la perdita di contatto con la realtà, aumenta il rischio di sperimentare disturbi dissociativi e ossessivo compulsivi.
L’Hikikomori può essere affrontato con il coinvolgimento dei familiari (dialogo positivo e atteggiamento non giudicante); supporto psicologico e psichiatrico; in caso di una depressione grave, è possibile ricorrere ad una terapia farmacologica. Il recupero può anche comportare l’aiutare le persone Hikikomori a trovare modi per esprimere le proprie capacità e talenti in un modo socialmente accettabile.
Per approfondire
La fotografia degli Hikikomori in Italia: prevalenza e fattori associati.
https://www.hikikomoriitalia.it/p/chi-sono-gli-hikikomori.html
https://www.hikikomoriitalia.it/2023/03/blog-post.htm
https://www.gruppoabele.org/documenti/schede/report_hikikomori_rev_aggiornamento16_01.pdf
A cura di Luisa Mondo, Servizio di Epidemiologia ASL TO3, luisa.mondo@epi.piemonte.it