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Disuguaglianze di salute

Health Equity Italy: nasce il nuovo centro interdipartimentale per l’equità nella salute

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Il Centro promuove la collaborazione interdisciplinare tra ricercatori e ricercatrici che si occupano delle relazioni multidirezionali tra storie di benessere e salute e storie di lavoro e di vita nei vari dipartimenti dell’Università degli Studi di Torino e in diverse istituzioni ed enti implicati nelle politiche pubbliche, con l’obiettivo di incrementare le conoscenze su queste relazioni e renderle fruibili per il disegno e la promozione delle politiche pubbliche a livello locale, nazionale ed europeo.

Il punto di vista più promettente per studiare la relazione tra salute, lavoro e condizioni di vita per orientare le politiche è quello delle disuguaglianze. È ben noto che tutti gli indicatori di salute (aspettativa di vita, morbosità, limitazioni funzionali, salute soggettiva) peggiorano man mano che si scende lungo la scala sociale, nelle credenziali educative, nella qualificazione del livello di lavoro svolto, nel reddito e nella ricchezza. Lo svantaggio sociale influenza in modo disuguale la salute attraverso una disuguale esposizione e vulnerabilità ai principali fattori di rischio per la salute, sia quelli ambientali, materiali e psicosociali che si manifestano nelle condizioni di vita e di lavoro, sia quelli comportamentali degli stili di vita, sia quelli legati agli ostacoli alle cure sanitarie e sociali. Tutti fattori di rischio che sono il bersaglio delle politiche: lavoro, casa, scuola, ambiente, territorio, servizi. Il grado di svantaggio sociale, comunque lo si misuri, è il singolo determinante capace di spiegare le più ampie variazioni di salute anche nelle popolazioni dei paesi più sviluppati e ricchi, con un impatto molto rilevante sui costi umani e di assistenza sanitaria. Diverse altre dimensioni della disuguaglianza, come l’origine etnica e il genere, interagiscono con lo svantaggio sociale in un’ottica intersezionale.  E’ così che la salute disuguale diventa la metrica più utile per valutare l’impatto delle politiche sul benessere e per trovarne i margini di miglioramento (disuguaglianze da mitigare) proprio come raccomandano le istituzioni internazionali con l’approccio di Health (Equity) in All Policies.

Inoltre, le disuguaglianze di salute sono un ambito di ricerca non solo di rilevante impatto, ma anche molto attuale, piuttosto sfidante per la complessità dei suoi meccanismi di generazione, per l’interdisciplinarietà delle competenze che richiede, e per i diversi livelli di responsabilità che chiama in causa. La recente pandemia ha confermato l’attualità dell’imperativo di Health in All Policies: la salute è stata al centro delle decisioni quotidiane di tutti i settori delle politiche pubbliche e del pubblico, i quali sul dato di salute regolavano il lavoro, i trasporti, la scuola, il tempo libero, oltre che naturalmente la sanità, nonché i comportamenti delle persone e delle famiglie. La pandemia ha riprodotto sulla Covid 19 gli stessi divari di salute che attraversano le nostre città, quelli tra i quartieri meno e più deprivati, quelli tra i lavori più e meno qualificati, quelli tra i più agiati e i più poveri.

Inoltre la salute disuguale rappresenta una sfida difficile per la ricerca perché essa è generata da catene causali molto complesse e difficili da disarticolare, che a loro volta ostacolano la capacità di comprendere l’efficacia degli interventi e delle politiche di contrasto. Queste complesse catene causali rimandano alla responsabilità di attori che operano su diversi livelli decisionali, fatto che richiede una capacità inedita di advocacy dei risultati della ricerca nella governance delle politiche pubbliche che hanno rilevanza per la salute a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. Dunque, bisogna riconoscere che molto rimane da scoprire sui meccanismi causali attraverso cui i determinanti sociali (lavoro, scuola, casa, comunità locale, ambiente…) si associano in modo disuguale alla salute, e su quale sia la loro direzione e con quale importanza relativa essi agiscano. Sono tutte lacune conoscitive che possono fare da alibi alla riluttanza dell’azione pubblica di contrasto delle disuguaglianze di salute. Questi meccanismi si sviluppano nel corso della vita secondo traiettorie cumulative, spesso ricorsive, interagenti e non sempre lineari, in modo tale che difficilmente possono essere catturate da un singolo disegno di studio e da una singola disciplina. Si pensi alle disuguaglianze di obesità per titolo di studio, un risultato che dipende sia dalla disuguale esposizione ai fattori di rischio nell’infanzia (ad esempio l’allattamento al seno), sia dalla qualità del corredo genetico ereditato, che allo stesso tempo può influenzare la probabilità di successo scolastico ma anche il rischio di obesità. In modo simile le carriere lavorative poco qualificate possono condizionare la carriera di salute del lavoratore, ma  contemporaneamente l’esperienza di malattia può ostacolare la carriera lavorativa. Le modificazioni epigenetiche in alcuni geni regolatori chiave  sembrano essere un meccanismo importante nello sviluppo di molte malattie croniche che mostrano un gradiente sociale disuguale, soprattutto quelle cardiovascolari, fatto che apre nuove prospettive di interpretazione del significato delle disuguaglianze di salute. Tra l’altro, una migliore comprensione delle origini e dell’importanza delle disuguaglianze di salute deve riposizionarsi continuamente in relazione al contesto, ai rapidi cambiamenti di scenario socio-economico e al crescente peso degli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale.

Inoltre, per studiare questi meccanismi è necessario uno sforzo inedito e congiunto dei ricercatori e degli enti che gestiscono quei sistemi informativi amministrativi e statistici che permettono di tracciare le carriere sanitarie e sociali delle persone (Ministero della Salute e regioni, INPS, INAIL, Istat). Lo scopo è di  permettere di ricostruire le traiettorie individuali e delle famiglie a livello di popolazione affinché attraverso disegni di studio e metodi di analisi controfattuali si possano disarticolare questi complessi meccanismi e quindi accompagnare i processi decisionali con prove adeguate della evitabilità delle disuguaglianze di salute.

In questa direzione diversi enti e dipartimenti di ricerca del mondo torinese hanno già contribuito a costruire sistemi longitudinali di indagine insieme agli enti nazionali competenti attraverso specifici progetti di ricerca, e anche a far crescere l’importanza del tema della salute più uguale nell’agenda delle politiche italiane con importanti iniziative di terza missione. Tuttavia i significativi risultati finora ottenuti sono lontani dall’essere realmente sostenibili. I sistemi di indagine longitudinali non sono un risultato acquisito ed esigibile dalla ricerca una volta per tutte, ma rimangono limitati ai progetti in cui sono nati.

La ricerca sui meccanismi di generazione della salute disuguale e la relativa valutazione di impatto degli interventi di contrasto non sono alla portata di un singolo ricercatore di un singolo paese, ma hanno bisogno di partnership interdisciplinari e internazionali su obiettivi di ricerca prioritari per rilevanza, originalità e fattibilità. Infine i singoli gruppi di progetto non hanno singolarmente adeguata capacità di trasferire nella pratica i risultati delle ricerca per rendere meglio informate le scelte sulle politiche e gli interventi.

Queste sono le ragioni che giustificano la creazione di un Centro Interdipartimentale che permetta di fare un salto di qualità e di scala sulla sostenibilità di queste innovazioni, cioè i sistemi di indagine, le priorità di ricerca e le partnership nella ricerca e nella capacità di advocacy, in modo da fare di Torino uno dei punti di riferimento dello studio delle cause della salute disuguale e dell’efficacia delle politiche di contrasto.

Un’area prioritaria di ricerca sarà quella del rapporto tra lavoro e salute. Anche se le condizioni di vita nell’infanzia e nell’adolescenza sembrerebbero essere quelle che più condizionano il successivo rischio di malattia e morte degli individui, il lavoro svolge ancora un ruolo centrale nel determinare da un lato la posizione e l’identità sociale in età adulta delle persone, dall’altro il loro stato di salute. Numerosi studi hanno dimostrato che sia la disoccupazione, sia condizioni di lavoro sfavorevoli svolgono un ruolo piuttosto rilevante nel determinare differenze sociali nella salute, soprattutto per i disturbi mentali, le malattie cardiovascolari e le malattie muscoloscheletriche, tra le malattie maggiormente responsabili di disabilità. L’esposizione a fattori ergonomici e psicosociali, insieme alla precarietà del lavoro, spiegherebbe infatti una quota sostanziale delle differenze sociali, forse circa il 20-30%, pur se con ampie variazioni per popolazione in studio, tipo di patologia e fattore di rischio lavorativo. L’esposizione a condizioni di lavoro avverse di tipo fisico o psicosociale sembra avere effetti ancora maggiori in situazioni di difficile conciliazione vita-lavoro, come per esempio a carico di donne che oltre ad avere un lavoro retribuito fuori casa svolgono in ambito domestico attività di cura di familiari e di gestione della casa. La transizione dal lavoro al pensionamento è infine considerata una fase di passaggio critica, i cui effetti sulla salute appaiono ancora in parte controversi in letteratura, anche in relazione all’età della transizione e del tipo di lavoro svolto.

HEI nasce da una fertile consuetudine di collaborazioni su salute, lavoro e disuguaglianze costruita da tre diversi Dipartimenti dell’Università di Torino che hanno costituito il centro (Scienze Cliniche e Biologiche, Culture, Politica e Società, e Economia e Statistica). Questi tre Dipartimenti agiscono da tempo in collaborazione anche con alcune agenzie di ricerca che rilevano e trattano dati quantitativi e qualitativi in Piemonte (Servizio di Epidemiologia regionale di ASL TO3, Agenzia Piemonte Lavoro, Prospettive ricerca socio-economica, Eclectica Impresa sociale). Gli stessi Dipartimenti hanno poi costituito sul tema partnership con altri enti pubblici e privati competenti in particolari settori delle politiche, su lavoro (LABORatorio Riccardo Revelli), su territorio (LINKS), su scuola (Fondazione Agnelli), su ambiente (ARPA Piemonte e CMCC), su cultura (CCW), su assistenza sociale (Ufficio Pio) e con altre università con cui si sono intrecciate collaborazioni sui temi delle disuguaglianze di salute. 

L’Università di Torino pensa che questo partenariato possa crescere ulteriormente allargando l’orizzonte delle politiche esaminate e promuovendo la collaborazione con altre discipline e altri dipartimenti e atenei, con altri produttori di dati, con altri attori delle politiche e con gli stakeholder presenti sul territorio, creando anche nuovi sistemi di indagine e nuove modalità di promozione della ricerca applicata, che consentano alle politiche di diventare più efficaci nel trovare soluzioni. Il partenariato ha voluto chiamarsi Health Equity Italy (HEI) proprio in omaggio alle proprietà che fanno della salute un buon misuratore del benessere e dell’equità nel risultato di salute. Il nuovo centro si pone quindi a fianco dei responsabili delle politiche per gli obiettivi di equità e di salute, e  contemporaneamente rivolge loro l’invito a svegliarsi e agire in questa direzione.


A cura di Giuseppe Costa (1) e Fulvio Ricceri (2)

(1) Centro Interdipartimentale HEI (Health Equity Italy) dell’Università di Torino

(2) Department of Clinical and Biological Sciences, Università di Torino